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(4388-4389) pensieri 327



*   Nel principio, e nel risorgimento degli studi, si credeva impossibile un’ortografia volgare, un’ortografia che non fosse latina, nel modo stesso che una letteratura volgare e non latina; e le lingue moderne si credevano incapaci di ortografia propria, cosí appunto come di letteratura (21 settembre, domenica, 1828).


*    Alla p. 4367. Ci sarebbe ancora un altro partito, e ragionevolissimo. Avere due poesie e letterature, l’una per gl’intendenti, l’altra pel popolo. Cosí quelli non perderebbero, mentre questo ricupererebbe; non isparirebbero dal mondo i piaceri squisiti e divini (per chi gli può gustare) delle letterature perfezionate; ci potrebbe ancora essere chi provasse de’ trasporti di piacere leggendo Virgilio, come ci sono e saranno intendenti che ne provino mirando un quadro di Raffaello ec. ec. (21 settembre 1828).


*    Alla p. 4355. Sorte simile ad Omero ebbe anche in ciò il nostro Dante, il quale fino nello stesso secolo XIV ebbe forse tanti diascheuasti, cioè limatori del suo poema, piú o meno arditi, quanti copiatori: onde quelle enormi e continue discrepanze de’ suoi codici e stampe anteriori alla edizione della Crusca. Vedi p. 4412.


*    Alla p. 4317, margine. Si legge cosí a Napoli anche l’Orlando innamorato del Berni e soprattutto la Gerusalemme del Tasso, e il popolo prende partito chi per l’uno di quegli eroi, chi per l’altro, e con tanto ardore, che dopo la  (4389) lettura, discorrendo tra loro sopra quei racconti, e quistionando, talora vengono alle mani, e fino si uccidono. Una notte al tardi, due del volgo di Napoli che disputavano caldamente fra loro, andarono a svegliare il famoso Genovesi per saper da lui chi avesse ragione, se Rinaldo o Gernando (Gerusalemme del Tasso). Tengo tutto ciò dall’Imbriani padre, il quale mi dice che il popolo