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326 pensieri (3337-3338-3339)

coltura e alla formazione dello spirito nazionale e moderno. Il quale non mai si sarebbe formato se non fossero state formate e stabilite le lingue moderne invece della latina. Siccome per lo contrario si vede che queste non prima furono formate e stabilite di quel che lo spirito nazionale e moderno pigliasse una consistenza e una certa forma e fisonomia propria in Italia, poscia in Ispagna, indi in Francia e in Inghilterra, ultimamente in Germania, che ultima di tutte queste nazioni lasciò l’uso della lingua latina come letterata e illustre, e le sostituí  (3338) la nazionale. E questo esempio dell’Europa si deve proporzionatamente applicare e paragonare al caso dell’odierna Italia, e dedurne delle congetture, certo assai verisimili e solide, circa il futuro esito delle nostre presenti circostanze (1-2 settembre 1823).


*    Del resto, dalle considerazioni qui dietro fatte sulla necessità che l’Europa e lo spirito umano avevano di nuove lingue illustri a potersi avanzare e né costumi e nelle scienze e nelle lettere e nella filosofia, dopo il risorgimento degli studi; e sul grandissimo detrimento e ritardo che portò alla rinata civiltà la rinnovazione dell’uso esclusivo del latino come lingua illustre; e sul maggior danno e indugio che le avrebbe apportato la continuazione di tale uso, apparisce piú visibilmente che mai quanto debbano a Dante, non pur la lingua italiana, come si suol predicare, ma la nazione istessa e l’Europa tutta e lo spirito umano. Perocché Dante fu il primo assolutamente in Europa che (contro l’uso e il sentimento di tutti i suoi contemporanei e di molti posteri, che di ciò lo biasimarono; vedi Perticari, Apologia, cap. 34) ardí concepire  (3339) e scrisse un’opera classica e di letteratura in lingua volgare e moderna, innalzando una lingua moderna al grado di lingua illustre, invece o almeno insieme colla latina, che fino allora da tutti e