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220 pensieri (3164-3165-3166)

talee secondario. Or dunque i poemi derivati dalla Iliade, leggonsi con molto piacere, destano di tratto in tratto alcuno interesse piú o men vivo e durabile,  (3165) ma essi mancano quasi affatto di quell’interesse totale, finale e perpetuo, di cui l’Iliade, dopo ventisette secoli, appo uomini non greci, sommamente abbonda, e dal quale si dee senza fallo misurare il pregio e il grado di bontà del complesso e dell’intero di un poema epico, siccome d’ogni altro poema.

Per lo che, tornando finalmente là donde incominciai, conchiudo che tutto all’opposto di ciò che si dice e si crede, il poema dell’Iliade sarà forse dai posteriori poemi vinto ne’ dettagli o nelle qualità secondarie, come dir lo stile, o alcuna parte di esso, qualche immagine, qualche parte o qualità dell’invenzione; sarà forse eziandio vinto in alcuna parte della condotta, come nel celare piú studiosamente l’esito, laddove Omero par che studiosamente lo sveli innanzi tempo (e forse anche questo si potrebbe difendere, e in ogni modo non nuoce che all’interesse di curiosità, del quale Omero, o come superficialissimo e non poetico ch’egli è,  (3166) o come narrando forse cose universalmente allora cognite alla nazione, non si fece alcun carico); ma che nell’insieme, nel totale del disegno, nell’idea, nello scopo e nell’effettivo risultato del tutto, tutti i poemi epici cedono di gran lunga all’Iliade.1 E soggiungo che in ciò gli cedono appunto per aver seguíto una unità che Omero non si propose, e a causa di quello stesso incremento e stabilimento dell’arte che li conformò e regolò, e che in essi si vanta, e che Omero non conobbe, e che peccano appunto per quella maggior perfezione di disegno che loro si attribuisce sopra l’Iliade, e che in questa pretesa perfezione consiste appunto il maggiore ed essenzial peccato del loro disegno, peccato che niuno ci riconosce,

  1. Veggasi la p. 3289-91.