Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/303

296 pensieri (3287-3288-3289)

fare τεθνήκω, da ἕστηκα di στάω, ἑστήκω, da πέφυκα di φύω, πέφύκω (e queste maniere, con siffatti verbi, sono ricevute, massime da’ poeti, ma anche da’ prosatori greci, generalmente); e di quell’altra maniera greca di fare dal futuro primo de’ temi un nuovo verbo, aggiungendoci il κ, come da τρώω (inusitato) - τρώσω, τρώσκω inusitato, onde τίτρωσκω (vedi i grammatici se però è vera questa maniera, e non piuttosto si fa, per esempio, τρώσκω dal tema stesso, cioè τρώω, interpostovi σκ, come da ἵζω ιζάνω, interposto  (3288) l’avverbio ec. ec.). Queste e tali altre molte derivazioni senza cambiamenti di significato, che perciò appunto hanno contribuito sommamente a perdere e distruggere le voci originarie, e contribuiscono a nasconderle, e renderne difficile l’investigazione e confondere l’erudito, e dividere i grammatici in cento diversi sistemi e opinioni, sí circa le regole piú o men generali, sí circa le particolari etimologie ec. ec.; non hanno luogo nella lingua latina, o certo assai meno senza confronto ec. ec. (27 agosto 1823).


*    Ajouter quasi adjunctare, aggiuntare, spagnuolo juntar, da adiungere. Anche il nostro giuntare è da iungere. Vedi la Crusca in Giungere, § 7 e il glossario in iunctare, adiunctare ec. se ha nulla (28 agosto 1823).


*    Succenseo è verbo, secondo me, indubitatamente formato dal participio in us d’altro verbo, cioè di succendo (vedi anche il Forcellini in Censeo, fine). Ma oltre al non essere della prima maniera, ei non solo non è di senso continuativo, ma è neutro nel mentre che succendo è attivo. Onde nulla ha che fare colla nostra teoria: se non ch’é notabile, come fatto da un participio passivo, della qual formazione  (3289) non mi ricordo adesso altro esempio che sia fuori del numero de’ nostri continuativi e frequentativi (28 agosto 1823).