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196 pensieri (3122-3123-3124)

esempio, nelle cosí dette, assurde tragedie, di lieto fine1); oltre, dico, all’aver potuto mettere in moto nel suo poema ambedue quegl’interessi che fortissimamente operano nell’uomo e grandissimo piacere gli recano, e sono poetichissimi, cioè la maraviglia della virtú superante ogni ostacolo ed ottenente il suo fine, interesse che in quei tempi principalmente era di gran forza, e la compassione della somma virtú caduta in somma e non medicabile né consolabile calamità;  (3123) oltre tutto questo Omero ottenne di potere introdurre nel suo poema un perpetuo contrasto di passioni contrarie continuamente operanti ne’ lettori, continuamente equilibrantisi l’una l’altra, continuamente sottentranti e implicantisi e mescolantisi l’una nell’altra. Contrasto nato dalla duplicazione dell’interesse dello scopo e della persona principale, la qual duplicazione, in virtú di questo perpetuo e perpetuamente sensibile contrasto, non solo raddoppia ma moltiplica piú volte l’effetto e l’energia dell’Iliade nell’animo de’ lettori, e la vivacità delle sensazioni, e il commovimento e l’agitazione dello spirito, propria operazione della poesia.

Tali si furono le intenzioni di Omero, tale il mezzo e l’arte da lui adoperati per conseguirle, tale la vera natura, il vero carattere, il vero andamento del suo poema, la vera forma ch’egli ha e che l’autore volle dargli. Vediamo ora gli altri poeti epici e i loro poemi, e  (3124) le regole dell’epopea che dopo Omero furono concepute e insegnate e poste e seguíte.

Videro tutti la necessità di far che l’Eroe e la impresa principale che si prendesse a lodare e a narrare nell’epopea riuscissero felicemente. Ciò fu dato per regola e questa regola fu seguíta da tutti. Massimamente che dietro l’esempio dell’Iliade (benché

  1. Veggasi la p. 3448, segg., e in particolare 3450-1.