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pensieri |
(2574-2575-2576-2577) |
speranza e il timore delle cose di là, l’esperienza di tutti i tempi dimostra che questa non basta a fare un popolo attualmente e praticamente virtuoso. L’uomo, e specialmente (2575) la moltitudine, non è fisicamente capace di uno stato continuo di riflessione. Or quello ch’é lontano, quello che non si vede, quello che dee venir dopo la morte, dalla quale ciascuno naturalmente si figura d’esser lontanissimo, non può fortemente costantemente ed efficacemente influire sulle azioni e sulla vita, se non di chi tutto giorno riflettesse. Appena l’uomo entra nel mondo, anzi appena egli esce dal suo interno (nel quale il piú degli uomini non entra mai, e ciò per natura propria), le cose che influiscono su di lui sono le presenti, le sensibili o quelle le cui immagini sono suscitate e fomentate dalle cose in qualunque modo sensibili: non già le cose, che, oltre all’esser lontane, appartengono ad uno stato di natura diversa dalla nostra presente, cioè al nostro stato dopo la morte, e quindi, vivendo noi necessariamente fra (2576) la materia e fra questa presente natura, appena le sappiamo considerare come esistenti, giacché non hanno che far punto con niente di quello la cui esistenza sperimentiamo e trattiamo e sentiamo ec. La conclusione è che tolta alla virtú una ragione presente o vicina e sensibile e tuttogiorno posta dinanzi a noi; tolta, dico, questa ragione alla virtú (la qual ragione, come ho provato, non può esser che l’amor patrio), è tolta anche la virtú e la ragione lontana, insensibile, e soprattutto estrinseca affatto alla natura della vita presente e delle cose in cui la virtú si deve esercitare, questa ragione, dico, non sarà mai sufficiente all’attuale e pratica virtú dell’uomo, e molto meno della moltitudine, se non forse ne’ primi anni in cui dura il fervore della nuova opinione, come nel primo secolo del Cristianesimo (corrotto già nel secondo. (2577) Vedi i SS. Padri) (21 luglio 1822).