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196 pensieri (2364-2365-2366)

spagnuola il far servire la preposizione senza col suo caso, come per aggettivo, per esempio, dicendo luogo senz’acqua, vento senza umidità, casa senza luce ec., cioè priva di ec.  (2365) Ciò non è frequente in latino e può parere un barbarismo. Pur vedilo in Virgilio Eneide, VI, 580; nel Forcellini in sine, primo esempio, nel detto di Caligola presso Svetonio, arena sine calce ec. Cosí noi ci serviamo d’altre preposizioni allo stesso modo; uso non molto proprio del buon latino, ma di cui pur si troverebbero molti altri esempi. Ce ne serviamo pure a modo di avverbi, come ho detto p. 2264 segg. (28 gennaio 1822).


*    Alla p. 2360, fine. Come dunque si contrasse poi il genitivo plurale dicendo manum per manuum, cosí si dovettero contrarre gli altri casi, che dovevano da principio aver doppio u, come appunto il detto genitivo. Parimente il vedere che l’i, sempre o quasi sempre breve nelle regole della prosodia latina (dico nelle regole e non in quei casi che dipendono dal solo costume, come in ītălĭa ec.), è regolarmente e sempre lungo nella desinenza dei dativi plurali della prima e seconda declinazione, fa credere che quivi da principio egli fosse doppio, o accompagnato da qualche altra vocale, che rendesse quella sillaba bivocale e δίφθογγον. Nel qual proposito osservate che le vocali lunghe per natura nel greco, η ed ω furono da principio doppie cioè due E Ǝ, due Ο Ο. Nello stesso modo io penso che tali vocali, lunghe per regola nel latino, fossero da principio doppie (28 gennaio 1822).

    

*    Nimium vobis Romana propago
    Visa potens, superi, propria haec si dona fuissent.


Virgilio,  (2366) Eneide, VI, 870-1, parlando di Marcello giuniore in persona di Anchise. Riferiscilo a quello che ho detto altrove dell’invidia delle cose umane, attribuita dagli antichi agli Dei, del credere che gli Dei