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(2319-2320-2321) pensieri 167

Inseritur vero et foetu nucis arbutus horrida: Et steriles platani ec. ec.), e non solo le vocali, ma anche le sillabe am, em, im, um; e sí le vocali che queste sillabe le elidevano anche seguendo una parola cominciante per vocale aspirata (come Virgilio, Georgiche, III, 9, Tollere humo: vedi p. 2316-17); e non solo elidevano una vocale, ma anche piú d’una ec., tutto ciò non dimostra evidentemente che l’indole della pronunzia latina formava infatti una sola sillaba delle vocali concorrenti? Giacché questo solo vuol dire eliderle: non già ch’esse  (2320) nella pronunzia si tacessero (ciò forse avveniva alla sola m in simili casi); altrimenti non le avrebbero scritte, ma posto in luogo loro l’apostrofo, come facevano i greci quando le elidevano in verso o in prosa, che quando non ponevano l’apostrofo in luogo loro, non le elidevano mai; e come gli stessi latini ponevano l’apostrofo in luogo di quelle vocali o consonanti che non s’avevano effettivamente da pronunziare come aiu’, sisyphu’, confectu’ ec. o, non ponendo l’apostrofo, tralasciavano di scrivere quelle lettere che non s’avevano da pronunziare, come appunto la s in ain’ per ais ne ec. ec.


     Altra prova e dell’usanza latina di pronunziar piú vocali in modo di una sola sillaba, e dell’essere stato originariamente il v latino una semplice aspirazione, e questa essere stata leggera (come l’h) e della dissillabía della prima e terza persona singolare perfetta indicativa delle congiugazioni prima e quarta ec., ch’é appunto quello che s’ha a dimostrare, e della somiglianza tra l’antichissimo latino conservatosi nel volgare e le moderne figlie del latino; eccola. Amaverunt, amaverat ec. si diceva spessissimo  (2321) amarunt, amarat ec. Donde venne questa contrazione usualissima? Le contrazioni non nascono già, e molto meno diventano comunissime (piú spesso troverete amarunt che amaverunt ec.), senza una ragione di pronunzia. Anticamente si