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110 pensieri (2213-2214-2215-2216)

bitato: la nuda cognizione di molte lingue  (2214) accresce anche per se sola il numero delle idee e ne feconda poi la mente e ne facilita il piú copioso e piú pronto acquisto. Quello che ho detto della lentezza o speditezza delle lingue si deve estendere a tutte le altre loro proprietà, povertà o ricchezza, ec. ec.; anche a quelle che spettano all’immaginazione, giacché da queste è influita la fantasia e la facoltà delle concezioni fantastiche (e ragionamenti fantastici) e la qualità di esse, come da quelle è influito l’intelletto e la facoltà del discorso. Vedete dunque s’io ho ragione nel dire che la pratica della lingua greca avrebbe giovato agl’intelletti piú che non fece quella della latina (lingua non solo non filosofica né logica, come non lo è neppur la greca, ma non adattabile, senza guastarla, alla filosofia sottile, ed all’esattezza precisa delle espressioni e delle idee, a differenza della greca). Vedi la p. 2211, fine. E quello che dico della lingua greca, dico di ciascun’altra  (2215) per la sua parte, massime di quelle ad essa piú analoghe; lo dico dell’italiana, massime in ordine alla facoltà immaginativa e concettiva del bello, del nobile, del grazioso ec., la qual facoltà da nessuna moderna lingua può tanto essere aiutata come dall’italiana, avendola ben conosciuta e familiare o materna o no ch’ella ci sia (3 dicembre, dí di san Francesco Saverio, 1821).


*    Virtú presso i latini era sinonimo di valore, fortezza d’animo, e anche s’applicava in senso di forza alle cose non umane, o inanimate, come virtus Bacchi, cioè del vino, virtus virium, ferri, herbarum. Vedi onninamente il Forcellini. Anche noi diciamo virtú per potenza, virtú del fuoco, dell’acqua, de’ medicamenti ec. Vedi la Crusca. Virtú insomma presso i latini non era propriamente altro che fortitudo, applicata particolarmente all’uomo, da vir. E anche dopo il grand’uso  (2216) di questa parola presso i latini tardò