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(1312-1313) | pensieri | 81 |
per esempio in uno stile, con una sola lettura, cioè con pochissimo esercizio ec. La qual facilità di assuefazione, segno ed effetto del talento, io la notava in me anche nelle minuzie, come nell’assuefarmi ai diversi metodi di vita e nel dissuefarmene agevolmente mediante una nuova assuefazione ec. ec. In somma io mi dava presto per esercitato in qualunque cosa a me piú nuova (12 luglio 1821).
* Alla p. 1226, margine-fine. Se attentamente riguarderemo in che soglia consistere l’eleganza delle parole, dei modi, delle forme, dello stile, vedremo quanto sovente, anzi sempre, ella consista nell’indeterminato (vedi in tal proposito quello che altrove ho detto circa un passo di Orazio; vedi p. 1337, principio) o in qualcosa d’irregolare, cioè nelle qualità contrarie a quelle che principalmente si ricercano nello scrivere didascalico o dottrinale. Non nego io già che questo non sia pur suscettibile di eleganza, massime in quelle parti dove l’eleganza non fa danno alla precisione, vale a dire massimamente nei modi e nelle forme. E di questa associazione (1313) della precisione coll’eleganza è splendito esempio lo stile di Celso e, fra’ nostri, di Galileo. Soprattutto poi conviene allo scrivere didascalico la semplicità (che si ammira massimamente nel primo di detti autori), la quale, dentro i limiti del conveniente, è sempre eleganza, perch’é naturalezza. Bensí dico che piuttosto la filosofia e le scienze, che sono opera umana, si possono piegare e accomodare alla bella letteratura ed alla poesia, che sono opera della natura, di quello che viceversa. E perciò ho detto che dove regna la filosofia, quivi non è poesia. La poesia, dovunque ella è, conviene che regni e non si adatta, perché la natura, ch’é sua fonte, non varia secondo i tempi né secondo i costumi o le cognizioni degli uomini, come varia il regno della ragione (13 luglio 1821).