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(1336-1337-1338) | pensieri | 97 |
medesimo, che quando è troppo, per un verso o per un altro, cagiona l’effetto opposto, osservate che l’inusitato nelle scritture, nella lingua, nello stile è fonte principalissima di affettazione, di sconvenienza, di barbarie, d’ineleganza e di bruttezza; e l’inusitato è pur l’unica fonte dell’eleganza. Vedi il Monti, Proposta ec., vol. I, parte 1, Appendice, p. 215, sotto il mezzo (1337) seg., e la p. 1312, capoverso ultimo (17 luglio 1821).
* Alla p. 1312, margine. Per l’indeterminato può servir di esempio Virgilio, Eneide, I, 465. Sunt lacrimae rerum: et mentem mortalia tangunt. Quanto all’irregolare, abbiamo veduto p. 1322-28 e nel pensiero superiore, che l’eleganza propriamente detta deriva sempre dal pellegrino e diviso dal comun favellare, il che per un verso o per un altro è sempre qualcosa d’irregolare, sia perché quella parola è forestiera, e quindi è, non dirò contro le regole, ma irregolare o fuor delle regole l’usarla, sia perché quel modo è nuovamente fabbricato comunque si voglia ec. Ed osservate che, escluso sempre l’eccesso, il quale produce il contrario dell’eleganza, dentro i limiti di quella irregolarità che può essere elegante, la eleganza maggiore o minore è bene spesso e si sente in proporzione della maggiore o minore irregolarità. Ciò non solo quanto alla lingua, ma allo stile ec. Nell’ordine non v’é mai eleganza propriamente detta. Vi sarà armonia, simmetria ec., ma l’eleganza nel puro e rigoroso ordine non può stare. Né vi può star la natura, ma la ragione, ché l’ordine è sempre segno di ragione in qualunque cosa (17 luglio 1821). (1338)
* Alla p. 1113, mezzo. Habitare che nel suo significato metaforico, divenuto da gran tempo proprio, di abitare (notate che si usa spesso attivamente coll’accusativo e passivamente) è manifestamente continuativo e non frequentativo; viene da habitus di habere. Vedi il Forcellini (17 luglio 1821).