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82 | pensieri | (595-596) |
togiorno ancor questo), certo desidererebbe di poterlo fare, di aver testimoni del suo godimento, anzi questo godimento consiste per la massima parte nella considerazione e aspettativa del vanto che gliene risulterà; e subito dopo non ha maggior cura che di divulgare e vantarsi della voluttà provata; e questo anche a rischio di chiudersi l’adito a nuove voluttà; e colla certezza di nuocere, tradire, essere (595) ingiusto e ingrato verso coloro, onde ha ottenuta la voluttà che cercava. E sebbene certamente neanche oggi la voluttà rende l’uomo migliore, lo rende però piú lodevole agli occhi della presente generazone, il che tu, o M. Tullio, stimavi che non potesse avvenire (1 febbraio 1821).
* Quella frase o metafora nostra volgarissima e familiare di cuocere per molestare, travagliare, tormentare, e affligger l’animo (cosí la Crusca vedi Cuocere § 3), fu parimente presso i latini nel verbo coquere, e ciò anche ne’ piú antichi.
O Tite, si quid ego adiuvero, curamque levasso,
Quae nunc te coquit, et versat in pectore fixa,
Ecquid erit pretii?
Ennio presso Cicerone (Cato maior seu de senectute, c. 1). Il Forcellini ne porta anche altri due esempi, l’uno di Virgilio, l’altro di Stazio. L’Appendice nulla.
* Ἀμαθία μὲν θράσος, λογισμός δ᾽ ὄκνον φέρει. L’ignoranza fa l’uomo pronto,
(596) la considerazione ritenuto: L’ignoranza fa che l’uomo si risolva facilmente, la ragione difficilmente. In latino traducono cosí: Inscitia quidem audaciam, consideratio autem tarditatem fert. Sentenza di Tucidide, lib. II, nell’orazione funebre detta da Pericle, che incomincia, οἱ μὲν πολλοὶ τῶν ἐνθάδε ἤδη εἰρηκότων. Sentenza celebre presso gli antichi. Luciano (in Epistola ad Nigrinum, quae praemittitur Nigrino, seu de Philosophi moribus) Ἀποφεύγοιμ᾽ ἂν (scamperò) εἰκότως καὶ τὸ Θουκυδίδου λέγοντος, ὅτι