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(1121-1122) | pensieri | 421 |
esitis, esunt. Del rimanente lo stesso Forcellini, avvertendo che il verbo stare si trova adoperato piú volte in luogo di esse, soggiunge, cum aliqua significatione diuturnitatis (vedi sto), e ne reca gli esempi; cioè, dico io, secondo la primitiva proprietà di esso verbo che è continuativo di esse. Adsentari, che il Forcellini dice esser lo stesso che adsentiri, forse non è altro che un suo continuativo o frequentativo anomalo o contratto da adsentitari o per adsensari. Nel glossario Isidoriano (op. Isid., t. ult., p. 487) si trova sentitare, in animo sensim diiudicare. Vedi p. 2200, 1155 e p. 2145, fine e p. 2324, fine.
A me par di poter asserire:
1°, Che tutti o quasi tutti i verbi latini radicali (intendo non composti, non derivati, non formati da nomi, come populo da (1122) populus, o da altre voci) e regolari, cioè non soggetti ad anomalie, constano sempre di una sola sillaba radicale e perpetua, e la piú parte di tre sole lettere radicali (al modo appunto de’ verbi ebraici); come parare, docere, legere, facere, dicere, dove le lettere radicali e costanti sono par, doc, leg, fac, dic. Talvolta di piú lettere radicali, ma pure di una sola sillaba, come scribere (che anticamente facea scribsi e scribtum ec. e cosí gli altri verbi simili, mutato il b in p, o viceversa ec., come puoi vedere nel Frontone), dove le lettere radicali sono cinque scrib, e la sillaba è nondimeno una sola. Talvolta di una sillaba parimente e di sole due lettere come amare, le cui lettere radicali sono am, e cosí anche ponere, cedere e simili, dove le lettere perpetue sono solamente po e ce, facendo posui, positum, positus; cessi, cessum, cessus: ma questi tali anderebbero piuttosto fra’ verbi anomali. Potranno dire che il g di legere non si conserva nel supino lectum e nel participio; che l’a di facere si perde nel perfetto feci, e il c di dicere in dixi. Ma dixi contiene evidentemente il c, essendo lo stesso che dicsi; e il g di legere si