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(699-700-701) | pensieri | 139 |
mero de’ buoni cinquecentisti noti alla universalità degl’italiani, rispetto a quelli conosciuti dai letterati, i quali pur tanti ne ignorano; e quanto pochi fra quei medesimi conosciuti universalmente fra noi si conoscano fuori d’Italia; non vi farete piú maraviglia se la fama del (700) cinquecento letterato è oramai nell’Europa piuttosto nome che fatto; piuttosto un avanzo di antica tradizione, che opinione presente; potendosi contar sulle dita i cinquecentisti noti fuori d’Italia. E cosí dico proporzionatamente di tutta l’altra nostra letteratura. Ma gli stranieri hanno ben ragione se non ne sanno piú di quello che ne sappiamo noi stessi, i quali generalmente ci troviamo appresso a poco nel medesimo caso.
Del resto quello ch’io dico della perfezione di stile nei cinquecentisti si deve intendere dei prosatori, non dei poeti. Anzi io mi maraviglio come quella tanta gravità e dignità che risplende ne’ prosatori si cerchi invano in quasi tutti i poeti di quel secolo e bene spesso anche negli ottimi. I difetti dello stile poetico di quel secolo, anche negli ottimi, sono infiniti, massime la ridondanza, gli epiteti, i sinonimi accumulati (al contrario delle prose) ec., lasciando i piú essenziali difetti di arguzie, insipidezze ec., anche nell’Ariosto e nel Tasso. E non è dubbio che Dante e Petrarca, sebbene non senza gran difetti di stile, furono nello stile piú vicini alla (701) perfezione che i cinquecentisti; e cosí lo stile poetico del trecento, riguardo a questi due poeti, è superiore al cinquecento (tanto è vero che la poesia migliore è la piú antica, all’opposto della prosa, dove l’arte può aver piú luogo). E dal trecento in poi lo stil poetico italiano non è stato richiamato agli antichi esemplari, massime latini, né ridotto a una forma perfetta e finita, prima del Parini e del Monti. Vedi gli altri miei pensieri in questo proposito. Parlo però del stile poetico, perché nel resto, se si eccettuano quanto agli affetti il Metastasio e l’Alfieri