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128 | pensieri | (678-679-680) |
tare fiorentino, ancor giovane, Jacopo Nardi, Vita di Antonio Giacomini Tebalducci Malespini, ediz. di Lucca, Francesco Bertini, 1818, in-8°, p. 19 (18 febbraio 1821).
* Nous n’avons qu’une portion d’attention et de sentiment; dès que nous nous livrons aux objets extérieurs, le sentiment dominant s’affoiblit: nos desirs ne sont-ils pas plus vifs et plus forts dans la retraite? M.me de Lambert, lieu cité ci-derrière, (pag. 677, fine) pag. 188. (679) La solitudine è lo stato naturale di gran parte, o piuttosto del piú degli animali, e probabilmente dell’uomo ancora. Quindi non è maraviglia se nello stato naturale egli ritrovava la sua maggior felicità nella solitudine e neanche se ora ci trova un conforto, giacché il maggior bene degli uomini deriva dall’ubbidire alla natura e secondare, quanto oggi si possa, il nostro primo destino. Ma anche per altra cagione la solitudine è oggi un conforto all’uomo nello stato sociale al quale è ridotto. Non mai per la cognizione del vero in quanto vero. Questa non sarà mai sorgente di felicità, né oggi, né era allora quando l’uomo primitivo se la passava in solitudine, ben lontano certamente dalle meditazioni filosofiche; né agli animali la felicità della solitudine deriva dalla cognizione del vero. Ma anzi, per lo contrario, questa consolazione della solitudine deriva all’uomo oggidí e derivava primitivamente dalle illusioni. Come ciò fosse primitivamente, in quella vita occupata o da continua (680) sebben solitaria azione o da continua attività interna e successione d’immagini disegni ec., ec., e come questo accada parimente ne’ fanciulli, l’ho già spiegato piú volte. Come poi accada negli uomini oggidí, eccolo. La società manca affatto di cose che realizzino le illusioni per quanto sono realizzabili. Non cosí anticamente, e anticamente la vita solitaria fra le nazioni civili o non esisteva o era ben rara. Ed osservate che quanto si racconta de’ famosi solitari