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(320-321) | pensieri | 389 |
necessaria al traduttore, che, quando i pregi dello stile non sieno il forte dell’originale, la traduzione inaffettata in quello che ho detto si può chiamare un dimezzamento del testo, e quando essi pregi formino il principale interesse dell’opera, come in buona parte degli antichi classici, la traduzione non è traduzione, ma come un’imitazione sofistica, una compilazione, un capo morto, o se non altro un’opera nuova. I francesi si sbrigano facilmente della detta difficoltà, perché nelle traduzioni non affettano mai. Cosí non hanno traduzione veruna (e lasciateli pur vantare il Delille e credere che possa mai essere un Virgilio), ma quasi relazioni del contenuto nelle opere straniere; ovvero opere originali composte de’ pensieri altrui. (321)
* Una delle prime cagioni della universalità della lingua francese è la sua unicità. Perché la lingua italiana (cosí sento anche la tedesca e forse piú) è piuttosto un complesso di lingue che una lingua sola, potendo tanto variare secondo i vari soggetti e stili e caratteri degli scrittori ec. che quei diversi stili paiono quasi diverse lingue, non avendo presso che alcuna relazione scambievole. Dante, Petrarca e Parini ec. Davanzati, Boccaccio, Casa ec. Vedi p. 244. Dal che, come seguono infiniti e principalissimi vantaggi, cosí anche parecchi svantaggi. 1°, Che lo straniero trova la nostra lingua difficilissima, e intendendo un autore, e passando a un altro, non l’intende (cosí nei greci) 2°, Che potendosi scrivere o parlare italiano senza essere elegante ec. ec. ec., lo scrittore italiano volgare scrive ordinariamente malissimo; cosí il parlatore ec. Al contrario del francese, dove la strada essendo una e chiusa da parte e parte, non parla francese chi non parla bene; e perciò quasi tutti i francesi scrivono e parlano elegantemente, ma sempre di una stessa eleganza; e quanto al piú e il meno, le differenze sono