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(29-30) | pensieri | 121 |
Onde quello che si dice della utilità derivante agli scrittori dal trattare materie presenti a miglior dritto si dee dire del parlare di se stesso, comunque paia a prima vista che il parlar di se non debba interessar gran fatto gli uditori: (30) cosa falsissima; e si veda nel migliore e piú celebre pezzo del Bossuet, quello in fine all’orazione di Condé, che effetto fa l’introduzione di se stesso. Al qual pezzo io paragono quello di Cicerone nella Miloniana (ch’è forse la sua migliore orazione, come questo è forse il piú gran pezzo di essa) il quale si combina parimente ch’è nel fine, dove per intenerire i giudici introduce menzione di se stesso, e mi par che faccia un effetto incredibile, come e piú di quello che fa il Bossuet; tanto può l’introdurre se stesso nei discorsi eloquenti, al contrario di quello che si crede.
* La duttilità della lingua francese si riduce a potersi fare intendere, la facilità di esprimersi nella lingua italiana ha di piú il vantaggio di scolpir le cose coll’efficacia dell’espressione; di maniera ch’il francese può dir quello che vuole e l’italiano può metterlo sotto gli occhi, quegli ha gran facilità di farsi intendere, questi di far vedere. Però quella lingua che, purché faccia intendere, non cerca altro, né cura la debolezza dell’espressione, la miseria di certi tours (per li quali la lodano di duttilità) che esprimono la cosa ma freddissimamente e slavatissimamente e annacquatamente è buona pel matematico e per le scienze; nulla per l’immaginazione la quale è la vera provincia della lingua italiana: dove però è chiaro che l’efficacia non toglie la precisione anzi l’accresce, mettendo quasi sotto i sensi quello che i francesi mettono solo sotto l’intelletto, ond’ella non è men buona per le scienze che per l’eloquenza e la poesia, come si vede nella precisa efficacia e scolpitezza evidente del Redi, del Galilei ec.