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314 ESCHILO

Pag. 166, v. 7. - Mi allontano dalla lezione dei codici: ἐπώνυμον Κάδμου πόλιν, per ragioni metriche; e traduco un po’ a senso, tenendo conto dello scolio al verso 102.: τιμᾶται γὰρ παρὰ Θηβαίοις ὁ Ἄρης καὶ Ἄρειον τεῖχος καί Ἀρητιὰς κρήνη παρὰ αὐτοῖς.

Pag. 166, v. 9. - Cipride era in certo modo progenitrice dei Tebani, perché madre di Armonia, che fu sposa di Cadmo, mitico fondatore di Tebe.

Pag. 166, v. 13 sg. - Il re Licio è Apollo. Nel testo è un intraducibile giuoco di parole fondato sopra una arbitraria etimologia dell’epiteto Λύκειος, fatto derivare da λύκος = lupo, anziché da Λυκία = Licia.

Pag. 167, v. 5. - Onca era epiteto di Atena presso i Tebani. Derivava dal Fenicio; e questa coincidenza è addotta da Pausania (IX, 12) come prova dell’origine fenicia di Cadmo, contro quelli che lo volevano egiziano.

Pag. 174, v. 14. - Dirce era la fonte sacra, che riparò il pargoletto Dioniso quando Giove lo salvò dal grembo di Semele incenerita. L’Ismeno è il piccolo ma celebre fiume della Beozia.

Pag. 177, v. 7. - I figliuoli di Tetide (e di Oceano), sono i fiumi.

Pag. 180, v. 10. - Il vate è Anfiarao.

Pag. 182, v. 12. - Cadmo, ucciso il serpente che custodiva la fonte di Tebe, ne seminò i denti. Da questi nacquero altrettanti guerrieri, che si sterminarono in zuffa reciproca, meno cinque, che furono i progenitori dei Tebani.

Pag. 189, v. 17-18. - Scomponendo il nome di Polinice nelle due voci che lo formano, πολύς = molto, e νεῖκος = lite, discordia, zuffa.

Pag. 197, v. 9. - I Calibi erano una tribú scitica famosa per la lavorazione del ferro. La spada — dice qui il poeta — distribuirà fra loro i ferri aviti: cioè, darà ad ognuno, dopo averlo ucciso, tanto di terra quanto basti a seppellirlo.

Pag. 199, v. 12, sg. - Con questa allegoria si riafferma l’antico pregiudizio che l’invidia dei Numi si aggrava sui mortali troppo felici; e che questi possono evitarla sottoponendosi a qualche sacrificio.

Pag. 203, v. 4. - Vedi la nota a pag. 197, v. 9.

Pag. 204, v. 8 sg. - Del nome di Polinice abbiamo già detto (pag. 189, v. 17). In Ἐτεοκλής si sentivano le due voci ἐτεόν = ve-