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46 Sonetti del 1830


sto, il Nocchilìa scapperà faori da una buca, sconosciuta, presso la Basilica di S. Paolo. Cfr. il sonetto: La fin der monno, 25 nov. 31.]      5 [Astarotte.]      6 [Et verbum caro factum est, et habitavit in nobis. Passo del Vangelo di san Giovanni, con cui ordinariamente si chiude la messa.]      7 [Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria. Versetto col quale chi fa l’uffizio della Madonna risponde al cherico, che gli chiede la benedizione per recitare le lezioni del Notturno. Ma è anche la chiusa del rosario, delle litanie e d’altre preghiere, quando si recitano in famiglia.]      8 [Kyrie eleison.]      9 [Gloria in excelsis Deo.]      10 [Baldassarre, Gaspare e Melchiorre: i Re Magi, che il volgo reputa molto potenti sulle cose misteriose.]      11 [Propriamente, aéo è uno de’ gridi de’ cenciaioli girovaghi ebrei. Ma oggi si sente più poco. S’usa però tuttora anche in un altro senso metaforico, nel senso cioè di “malandato, guasto ecc.„ per esempio: Sto lenzolo è troppo aéo.]      12 [Landao o landavo: soprabito piuttosto lungo. Metafora presa scherzevolmente dal franc. landau, specie di carrozza.]      13 [Atto di scherzo o di scherno, che si fa altrui, prendendogli il mento tra il pollice e il medio, e premendogli intanto il naso o le labbra con l’indice.]      14 [In Toscana, marameo; ed equivale a “cuccù!„ Manca però ai vocabolari. — Una canzoncina popolare, comune a molte altre parti d’Italia, e che qualcuno ha creduto potersi riferire alla morte del Maramaldo, dice cosi: Maramao, perché sei morto? Pane e vvino nun t’amancava; L’nzalata l’avevi a l’orto: Maramao, perché sei morto?]      15 [Cioè: “se senti guaiti di cani:„ antico segno di malaugurio, come può vedersi anche in Virgilio, Georg. I, 470-71. — La locuzione: strillà (att.) caino, deriva dal grido caì caì, col quale il cane par quasi che chiami in aiuto Caino, più cane di lui. E s’usa anche metaforicamente; per esempio: Bada, ché tte fo strillà caino. E nell’Umbria si dice anche: te fo chiamà Caino. Le voci toscane guaito e guaire devono pur esse derivare da un’onomatopea simile, cioè da guaì guaì. — Cfr. i sonetti: La correzzion ecc., 11 mar. 37, e Le zzampane, 2 apr. 46.]      16 [I Romaneschi, chiamando lumaca la “chiocciola,„ aggiungono l’epiteto di ignuda alla “lumaca„ propriamente detta. Nell’Umbria la chiamano lumaca spòlta, spogliata.]      17 [Un anello di argento bollato, cioè d’argento buono.]      18 [Di baccalà in molle.]      19 [La camiciola: quella giacchettina corta corta, che portavano i popolani, buttata per lo più sulle spalle. Cfr. la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.]      20 [Fronde, che in romanesco vale sempre: “foglie.„]      21 [Buscati, procurati.]      22 [Di pentola.]      23 [Cioè: “all’avemmaria del gior-