Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/355


Sonetti del 1830 43


 Si quarche donna
Te toccassi la farda der landao,1
Fajje er fichetto,2 e dijje: “Maramao.„3

 Si senti gnao,
È bonugurio, Titta; ma si senti
Strillà caino,4 risponni: “Accidenti.„

 Porta du’ denti
Legati cor un fir de seta cruda,
Zuppa de bava de lumaca ignuda.5

 Rinega Giuda
Igni quinici passi; e ar déto grosso
De manimanca tiè attaccato un osso

 De gatto rosso.
Coll’antra un cerchio d’argento de bollo6
Tiècce e una spina de merluzzo ammòllo.7

 Méttete in collo
La camisciòla8 ch’ha portato un morto
Co’ quattro fronne9 de cicoria d’orto.

 E si ’n abborto
Pòi avé de lucertola d’un giorno,
Tièllo in zaccoccia cotto prima ar forno.

 Bùschete10 un corno
De bufolino macellato in Ghetto,
Ch’abbi preso er crepuscolo sur tetto.

 Cór un coccetto
De pila11 rotta in culo a ’na roffiana
Ràschielo tutto ar son de la campana.12

  1. [Landao o landavo: soprabito piuttosto lungo. Metafora presa scherzevolmente dal franc. landau, specie di carrozza.]
  2. [Atto di scherzo o di scherno, che si fa altrui, prendendogli il mento tra il pollice e il medio, e premendogli intanto il naso o le labbra con l’indice.]
  3. [In Toscana, marameo; ed equivale a “cuccù!„ Manca però ai vocabolari. — Una canzoncina popolare, comune a molte altre parti d’Italia, e che qualcuno ha creduto potersi riferire alla morte del Maramaldo, dice cosi: Maramao, perché sei morto? Pane e vvino nun t’amancava; L’nzalata l’avevi a l’orto: Maramao, perché sei morto?]
  4. [Cioè: “se senti guaiti di cani:„ antico segno di malaugurio, come può vedersi anche in Virgilio, Georg. I, 470-71. — La locuzione: strillà (att.) caino, deriva dal grido caì caì, col quale il cane par quasi che chiami in aiuto Caino, più cane di lui. E s’usa anche metaforicamente; per esempio: Bada, ché tte fo strillà caino. E nell’Umbria si dice anche: te fo chiamà Caino. Le voci toscane guaito e guaire devono pur esse derivare da un’onomatopea simile, cioè da guaì guaì. — Cfr. i sonetti: La correzzion ecc., 11 mar. 37, e Le zzampane, 2 apr. 46.]
  5. [I Romaneschi, chiamando lumaca la “chiocciola,„ aggiungono l’epiteto di ignuda alla “lumaca„ propriamente detta. Nell’Umbria la chiamano lumaca spòlta, spogliata.]
  6. [Un anello di argento bollato, cioè d’argento buono.]
  7. [Di baccalà in molle.]
  8. [La camiciola: quella giacchettina corta corta, che portavano i popolani, buttata per lo più sulle spalle. Cfr. la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.]
  9. [Fronde, che in romanesco vale sempre: “foglie.„]
  10. [Buscati, procurati.]
  11. [Di pentola.]
  12. [Cioè: “all’avemmaria del gior- no,„ ora misteriosa. Cfr. la nota 2 del sonetto: Er portone ecc., 23 dic. 32.]