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LE NOZZE DI CADMO E D’ERMIONE 207

     200Voi dell’inclita Bice1 al fianco assise,
     Grazie figlie di Giove, accompagnate
     Le due da voi nudrite alme donzelle;
     E vengano con voi l’arti dilette
     In che posero entrambe un lungo amore,
     205L’animatrice delle tele e quella
     Che di musiche note il cor ricrea:
     Onde la vita coniugal sia tutta
     Di dolce aspersa e di ridenti idee,
     Simiglianti alle prime di natura
     210Vergini fantasie, che in piante e in fiori
     Scherzano senza legge e son piú belle.
E tu, ben nato idillio mio, che i modi2
     Di Tebe osasti con ardir novello
     All’avene sposar di Siracusa,
     215Vanne al fior de’ gentili3, a lui che fermo
     Nella parte miglior del mio pensiero
     Tien della vera nobiltà la cima
     E de’ cortesi è re; vanne e gli porgi
     Queste parole: Amico ai buoni, il cielo
     220Di doppie illustri nozze oggi beati
     Rende i tuoi lari4, ed il canuto e fido
     De’ tuoi studi compagno all’allegrezza
     Che l’anima t’innonda il suo confonde
     Debole canto, che di stanco ingegno
     225Dagli affanni battuto è tardo figlio;
     Ma non è tardo il cor, che, come spira
     Riverente amistade, a te lo sacra.
     Questo digli, e non altro. E, s’ei dimanda
     Come del viver mio si volga il corso,
     230Di’ che ad umil ruscello egli è simile,
     Su le cui rive impetuosa e dura
     I fior piú cari la tempesta uccise5.


    riso ecc.: cfr. Serm. sulla Mit., v. 8.

  1. 200. dell’inclita Bice: della madre delle spose, la contessa Beatrice Serbelloni, che il M., nella dedica dell’opusc. Un sollievo ecc., salutava «Verace anima antica In questa per gran colpe orrida età».
  2. 212. che i modi ecc.: che osasti riunire alla dolcezza amorosa della poesia teocritea gli alti intindimenti civili della poesia pindarica.
  3. 215. al fior de’ gentili: al Trivulzio stesso.
  4. 221. i tuoi lari: la tua casa. I Lari erano, com’è noto, dei famigliari, protettori della casa: e già fin nella poesia antica lare significa casa. Cfr., p. e., Orazio Sat. I, ii, 56; Epist. I, vii, 58 ecc. Cfr. anche Parini Od. II, 97. XVI, 41; e Foscolo All’am. ris., 77 ecc.
  5. 232. Giustamente nota il Pucc., p. 130: «Questo non è un umil ruscello, ma un largo fiume di poesia. E dire che sgorga dalla fantasia d’un uomo di 70 anni, già abbandonato dalla fortuna, la quale gli avea tanto sorriso! Anzi a me pare che la vena del M. si facesse piú pura e piú limpida quanto piú egli si avvicinava alla fine della sua splendida carriera.... Vedi quanto è soave di sentimenti, d’immagini e di suoni il primo canto di Calliope, com’è vero e bello di pensieri e nobile di forme il secondo, e ammira tutto l’Idillio come uno de’ piú vaghi fiori della moderna poesia».