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252 i gusti [§ 32]

totale della merce A posseduta; la seconda è il quoziente del piacere (o dell’indice del piacere) di una nuova piccolissima quantità di A, diviso per detta quantità (III, 33).

Un individuo che si suppone stare in un punto del colle del piacere (III, 58) gode di un’ofelimità totale figurata dall’altezza di quel punto su un piano orizzontale. Se si taglia il colle del piacere con un piano verticale parallelo all’asse o A sul quale si portano le quantità della merce A, si ha una certa curva; l’inclinazione, su una retta orizzontale, della tangente a quella curva nel punto ove sta l’individuo è eguale all’ofelimità elementare (§ 60, 69).

L’uomo può conoscere se il piacere che a lui reca una certa combinazione I di merci, è eguale al piacere che ricava da altra combinazione II, oppure maggiore o minore. Di tale fatto ci siamo valsi (III, 55) per determinare gli indici dell’ofelimità, cioè gli indici che indicano se il piacere che reca una data combinazione è eguale al piacere che reca altra combinazione qualsiasi, oppure ne è maggiore o minore.

Inoltre, l’uomo può sapere, all’incirca se, passando dalla combinazione I alla combinazione II, egli prova maggiore piacere che passando dalla combinazione II ad altra combinazione III. Se tale giudizio potesse essere dato con sufficiente precisione, potremmo, al limite, conoscere come passando da I a II quell’uomo provi eguale piacere come passando da II a III; e quindi, passando da I a III, egli proverebbe un piacere doppio di quello che prova passando da I a II. Basterebbe ciò per potere considerare il piacere o l’ofelimità come una quantità.