il faticoso agricoltor non fende
quel terreno giammai, né con l’aratro.
Ma presti son come gli alati augelli
i tuoi destrieri, ed erta han la cervice; 100né ci ha mortal che trarli possa innanzi
al cocchio sotto il giogo, e con le briglie
reggerli e col flagello e con la voce.
Qual però de le ninfe a te dilette,
signor del mare, io canterò? la figlia 105di Nereo forse e Doride, Anfitrite?
o Libia chiomi-bella9, o Menalippe
alto-succinta10, o Alòpe, o Calliròe
di rosee guance11, o la leggiadra Alcione,
o Ippotoe12, o Mecionice, o di Pitteo 110la figlia, Etra occhi-nera13, o Chione, od Olbia14,
o l’eolide Canace, o Toosa
dal vago piede15, o la telchine Alia16,
od Amimone candida, o la figlia
d’Epidanno, Melissa?17 E chi potrebbe 115tutte nomarle? e a noverar chi basta
i figli tuoi? Cercion feroce, Eufemo18,
il tessalo Triòpe, Astaco e Rodo,
onde nome ha del sol l’isola sacra19,
e Tèseo20 ed Alirrozio ed il possente 120Triton21, Dirrachio e il battaglioso Eumolpo22
e Polifemo a nume ugual23. Ma questo
canto è meglio lasciar, ché spesso i figli
cagion furono a te d’acerbo lutto.
Polifemo de l’occhio il saggio Ulisse 125in Trinacria fe’ cieco24: Eumolpo spense
in Attica Eretteo: ma ben vendetta
tu ne prendesti, o Scoti-terra, e, morto
lui con un colpo del tridente, al suolo
la casa ne gettasti25. E Marte istesso 130impunemente non t’uccise il figlio
Alirrozio leggiadro26: i numi tutti