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moniae virginitate privasse? -». Giulio Firmico, Dell’errore delle religioni profane, cap. 13: «Quis Amymonem, quis Alopen, quis Menalippen, quis Chionem Hippothoenque corrupit? Nempe Deus vester haec fecisse memoratur». Possono vedersi san Teofilo, Ad Autolico, libro II, capo 7; san Giustino, Orazione ai greci, capo II; san Cirillo, Contra Giuliano, libro VI. Taluno credea che il vero nome della fanciulla fosse «Melanippe». Ma anche il codice di quest’inno ha «Menalippe».

Verso 107. — «...o Alòpe». — Si veggano i passi di Clemente alessandrino e di Giulio Firmico nella nota precedente, e san Cirillo nel luogo quivi citato.

Ivi. — «...o Calliròe Di rosee guance». — Calliroe, una delle figlie dell’Oceano e di Teti, è ricordata da molti scrittori antichi; ma nessuno, che io sappia, tranne il nostro poeta, ne fa avvisati che amolla Nettuno.

Verso 108. — «...o la leggiadra Alcione, O Ippotoe». — È da vedere la nota seconda al verso 106.

Verso 109. — «...o Mecionice». — Esiodo nello Scudo d’Ercole, e l’antico comentatore di Pindaro nelle note alla quarta ode Pitica, scrivono che Eufemo, uno degli Argonauti, figlio di Nettuno, fu partorito da Mecionice. Pindaro però nell’ode medesima dice che Eufemo fu messo al mondo da Europa, figlia di Tizio, su le rive del Cefiso. Notisi che Mecionice è detta figlia di Eurota, e che Pindaro chiama Europa la madre di Eufemo.

Ivi. — «...o di Pitteo La figlia, Etra occhi-nera». — Madre di Teseo. Veggasi appresso la nota prima al verso 119.

Verso 110. — «...o Chione». — Si vegga piú sopra la nota seconda al verso 106.

Ivi. — «...od Olbia». — Stefano il geografo, alla voce: Ἀστακός: Ἀστακός, πόλις Βιθυνίας, ἀπὸ Ἀστακοῦ τοῦ Ποσειδῶνος καὶ νύμφης Ὀλβίας. «Astaco, cittá di Bitinia, cosí detta da Astaco figlio di Nettuno e della ninfa Olbia».

Verso 111. — «O l’eolide Canace». — Può vedersi l’Inno a Cerere di Callimaco.

Ivi. — «...O Toosa dal vago piede». — Omero, Odissea libro I, verso 68 e seguenti: