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596 indice del volume secondo.

mone.— Ma son liberato dalla Pisana, e mentre il sangue più nobile e generoso d’Italia scorre sul patibolo, noi due insieme con Lucilio salpiamo per Genova, ultimo e scrollato baluardo della libertà         Pag. 256

Cap. XVIII.— Il milleottocento.— Sventura d’un gatto e mia felicità amorosa durante l’assedio di Genova.— L’amore mi abbandona e son visitato dall’ambizione.— Ma guarisco in breve dalla peste burocratica, e quando Napoleone si fa Imperatore e Re, io pianto l’Intendenza di Bologna, e torno di buon grado miserabile         279

Cap. XIX.— Come i mugnaj e le contesse mi proteggessero nel 1805.— Io perdono alcuno de’ suoi torti a Napoleone, quand’egli unisce Venezia al Regno d’Italia.— Tarda penitenza d’un vecchio peccato veniale, per la quale vo in fil di morte; ma la Pisana mi risuscita e mi mena secolei in Friuli.— Divento marito, organista e castaido.— Intanto i vecchi attori scompajono dalla scena, Napoleone cade due volte, e gli anni fuggono muti ed avviliti fino al 1820         328

Cap. XX.— I Siciliani al campo di Pepe negli Abruzzi.— Io faccio conoscenza colla prigione e quasi col patibolo; ma in grazia della Pisana ci perdo solamente gli occhi.— Miracoli d’amore d’una infermiera.— I profughi di Londra e i soldati della Grecia.— Riacquisto la vista per opera di Lucilio, ma poco stante perdo la Pisana, e torno in patria vivo non d’altro che di memorie         399

Cap. XXI.— Come io cooperassi a risvegliare in Venezia qualche attività commerciale, principio se non altro di vita, e come il maggiore de’ miei due figli partisse con Lord Byron per la Grecia.— Un duello a cinquant’anni per l’onore dei morti.— Viaggio di nozze a Napoli di Romania, e funebre ritorno per Ancona nel marzo del 1831.— La morte mi toglie il mio secondogenito e fa man bassa sopra amici e nemici.— Essa trova un potente alleato nel cholèra.— Un collegiale di 65 anni         467

Cap. XXII.— Nel quale è dimostrato a conforto dei letterati come il Conte Rinaldo, scrivendo la sua famosa opera sul Commercio dei Veneti, si consolasse pienamente della sua miseria.— Tristissima piega di mio figlio Giulio, e temperamento comico della piccola Pisana.— I giovani d’adesso valgono assai meglio dei giovani d’una volta; e sbagliando s'impara quando si sa ciò che si vuole, e si vuole ciò che si deve.— Fuga di Giulio e visita dei vecchi amici.— Feste e lutti pubblici e privati durante il 1848.— Ritorno in Friuli, dove alcuni anni dopo ricevo la notizia della morte di mio figlio         512

Cap. XXIII.— Nel quale si contiene il giornale di mio figlio Giulio, dalla sua fuga da Venezia nel 1848 fino alla sua morte in America nel 1855.— Dopo tanti errori, tante gioie, tante disgrazie, la pace della coscienza mi rende dolce la vecchiaja; e fra i miei figli e i miei nipotini, benedico l’eterna giustizia che mi ha fatto testimone ed attore d’un bel capitolo di Storia, e mi conduce lentamente alla morte come ad un riposo, ad una speranza.— Il mio spirito, che si sente immortale, si solleva oltre il sepolcro all’eternità dell’amore.— Chiudo queste Confessioni nel nome della Pisana come le ho cominciate; e ringrazio fin d’ora i lettori della loro pazienza         559