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capitolo decimonono. 347

— Capperi, non è una bellezza la contessina Migliana?... Da quando io le feci fare il viaggio da Roma ed Ancona la trovai un po’ appassitella; ma così senza confronto è ancora un’assai bella donna.

— Che?... La contessa Migliana è?...

— È l’amica d’Emilio Fornoni, è il mio tesoretto del novantasei! Quanti anni sono passati!

— Eh, giusto! È impossibile! Mi date ad intendere delle baje!... La vostra avventuriera non si chiamava così, e non possedeva nè la fortuna nè l’entratura nel mondo della contessa Migliana!

— Oh in quanto ai nomi, ve l’assicura io che la Contessa non ne ha portato nessuno più d’un mese! Fu un delicato riguardo per ognuno de’ suoi amanti. Quanto alle ricchezze, lo dovete sapere anche voi che la sua eredità non le toccò che pochi anni or sono. Del resto il mondo è troppo furbo per diniegare l’ingresso a chi sa pagarlo bene. Avrete veduto di qual razza di gente è ora circondata, almeno nelle ore diplomatiche, la signora contessa: or bene furono costoro che a prezzo d’un po’ di vernice e di qualche elemosina per la pia causa, acconsentirono a porre un velo sul passato e a raccogliere la pecorella smarrita nel gran grembo dell’aristocrazia... come la chiamano a Milano.... dell’aristocrazia biscottinesca!...

— E pertanto... — volli dir io.

— E pertanto volevate dire, che, essendo voi maggiordomo in casa sua... non so se mi spiego... ma non trovaste poi la pecorella così fida all’ovile, da non perdersi anche talvolta in qualche pascolo romito, in qualche trastullo lascivetto e...

— Signore, nessuno vi dà il diritto nè di straziare l’onor d’una dama, nè....

— Signore, nessuno vi dà il diritto d’impedire che io parli quando parlano tutti.