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forare — forbire. 147


e mediante un t nelle altre lingue indeu., dove si riscontra nell’a. sl. pitati, nutrire, pitomu, ingrassato, serb. sl. pitati, ingrassare, lit. pietus, pranzo, zend. pitu, cibo, sans. pitus, alimento; gr. πατέομαι, io mangio, άπαστος, che non ha goduto, πάτνη, πάθνη, φάτνη, greppia: tutte le quali voci corrispondono al got. fôdian. A fadar fan riscontro: sans. pita [da pitar o patar], gr. πατήρ, l. pater. A faths, fads risponde: lit. pàts, marito, pati, moglie, l. potis, potens, potiri, gr. πόσις, πότις, marito, δεσ-πότης, signore, sans. patis, signore, marito, patni, signora, moglie, patis, egli domina, protegge. A fuotar non si trova altra corrispondenza fuori del campo ger. che il sans. patram, custodia, vaso. La rad. idg. pa = proteggere, contenere, nutrire; e benchè il signif. di “nutrire” sia il prevalente in quasi tutte le forme ger. e indeu. finquì vedute, tuttavia in alcuni casi ricorre anche quello di “recipiente, custodia”, come nel sans. patram, nel gr. φάτνη; onde l’asserzione del Kluge sulla duplicità della rad. di fuotar, guaina, e di fuotar, nutrimento, sembra non essere assai fondata. Bopp Gl.3 201, 227, 237, 240, 244; Curtius, 253, 254, 257, 265; Grimm Ges d. d. Sp., 266; Pictet, 2, 348. Deriv.: foraggia-mento-re, foraggiere.

Forare, fare buchi, trivellare (Guinicelli, Dante). Viene dal l. foro (Plauto, Columella); e noi lo accenniamo qui solo perchè esso ha comune col t. la rad. idg. bhor, che diè origine all’aat. bora, tm. bohren, donde it. borino, bulino. V. queste parole.

Forbannuto, (ant.), bandito, esiliato (M. Villani). Dal bl. forbannitus delle L. Rip., e ferbannitus delle L. Sal. originarono l’it. forbannuto, afr. forbannir, e fri forban. Il bl. forbannitus è un composto ibrido, in cu entra il l. for = foras, fuori e il rom. bannire, venuto dal got. bandvjan, aat. bannan, bannen, visto già alla voce bando.

Forbire, nettare, pulire, lustrare (Dante, Cresc.). Dall’aat. furban, furpan, mat. furben, fürben, vurwen