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104 | Matteo Bandello |
Qual sia nel mondo, o fosse mai beltade
4Maggior veduta, o che poeta scriva,
Quant’è paragonar all’alma e viva
Luce che spande il sol, la chiaritate
Dell’argentea luna, o le dorate
8Stelle, ch’ei scalda, e col suo lume avviva.
Beltà sì bella mai non fu più vista,
Nè si vedrà, cred’io, ch’ognor maggiore
11S’accresce, e nuova grazia sempre acquista.
Oh me beato, se quel chiar splendore
Lieto si volge a me di quella vista,
14Cui senz’Amor non fora in terra Amore!
V. 2. Onor ecc., cfr. son. XLVII, v. 3.
V. 4. Poeta scriva, che possa esser scritta, descritta, celebrata da poeta.
V. 14. Con lieve variante ripete il v. 23 della Canzone XXV; e così farà ancora alla Canzone CCIV, v. 110.
LI.
Chi guarda negli occhi della Mencia, vede il Paradiso. Considera, a parte a parte, le doti fisiche di lei, già accennate altrove, specialmente nei sonetti V e VI, con particolari che qui ritornano.
Madonna, i bei vostr’occhi chi rimira
Con quella fronte spaziosa e pura,
E quelle guancie fatte di mistura
4D’ostro, e di neve, il paradiso mira.
Chi poi le labbra coralline ammira,
E quelle schiette perle ove natura
Pose ogni studio, ed ogni mastra cura,
8Di soverchia dolcezza ognor sospira.