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LA DONNA VENDICATIVA | 555 |
NOTA STORICA
Adempiuti i termini del contratto, il Goldoni regala generosamente al Medebac ben tre commedie e tra queste la Donna vendicativa. Così le Memorie (P. II, cap. XVI) . Le quali spiegano ancora come questa D. v. fosse «un petit trait de vengeance de l’Auteur lui-méme. Coraline [Maddalena Marliani] très-piquée de me voir partir, et voyant l’inutilité de ses démarches pour m’arréter, me jura une haine éternelle. Je lui fis la galanterie de lui destiner le rôle de la Femme vindicative; elle ne le joua pas; mais j’étois bien aise de répondre à la vivacité de sa colere, par une douce et bonnète plaisanterie». Vada per la vendetta, di cui la premessa non fa espressa menzione, ma che pure illustra col curioso aneddoto del sonetto di scusa, non goldoniano, recitato dall’attrice (vedi la nota a p. 478). Di fronte però alle manifeste contraddizioni tra Memorie e premessa per tutto il resto, è da aggiustar fede, senza più, a questa, dettata ben trent’anni prima. Niente generosità dunque, ma rigorosa fedeltà ai patti del contratto, e Corallina, se anche a contraggenio, recitò la commedia l’anno dopo.
A dispetto delle teorie esposte in questa premessa e altrove (cfr. Nota all’Adulatore, vol. IV) sul posto che conviene alla virtù e al vizio sul palcoscenico, il Goldoni nella pratica tenne altro modo: quello, secondo Arturo Schopenhauer, usato dai grandi poeti drammatici, il solo vero: mettere in scena cioè «caratteri malvagi, anzi scellerati, in copia: gente stolta pazza stravagante: solo qua e là persone equilibrate sagge oneste, e, rare eccezioni, figure magnanime. Così fece lo Shakespeare. Non Iffland, non il Kotzebue, il teatro dei quali abbonda di caratteri nobili e generosi: mentre il Goldoni segue la regola e mostra di stare più in alto» (Die Welt als Wille und Vorstellung. Lipsia, [1891], II vol., p. 512).
Quali cognizioni del teatro goldoniano aveva lo Schopenhauer? Anche giudicando del teatro goldoniano, com’è probabile, a occhio e croce, dava nel vero. Perchè accanto alle madri buone e amorose, alle mogli sagge e prudenti, alle figliole onorate e ubbidienti, ai veri amici, alle buone famiglie — candide bandiere che spesso coprono brutture — i dissipatori, i bugiardi, gl’ipocriti, i maldicenti, gl’impostori, i dissoluti, gli avari, gli egoisti, gl’indolenti, i figli che attentano alla vita dei padri, mogli a quella dei mariti e viceversa, le donne lusinghiere pettegole curiose interessate — son legione. La statistica morale del teatro goldoniano non smentisce il filosofo pessimista. Nè il quadro a chi scenda nell’umile classe della servitù si porge meno desolante. Per una serva amorosa, riconoscente, per una domestica affezionata e fedele, quante fantesche disoneste e spadroneggianti, quanti Brighella imbroglioni e intriganti. Arlecchini sciocchi e venali!
Alla Gastalda oggi s’aggiunge questa Donna o Serva vendicativa, come fu spesso detta dai comici. Presto, frutto di studio più profondo nella classe delle serve padrone, seguirà la Donna di governo. Gelosie di attrici, peculiari qualità del loro temperamento artistico o predilezioni suggerite al poeta dal suo tenero cuore — concedevano spesso al ruolo della servetta il posto d’onore.
Dopo la Serva padrona di J. A. Nelli (1731) e l’omonimo intermezzo