Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
396 | Chi l’ha detto? | [1196-1201] |
Nell’Eneide di Virgilio, lib. X, dopo il verso 283, trovasi l’emistichio (o verso incompleto) Audentes fortuna iuvat, che fu quindi completato con le note parole timidosque repellit. Nell’uso poi il dettato prese la forma notata di sopra, non solo perchè la parola audaces era di più facile reminiscenza, per la somiglianza con la voce analoga delle lingue neolatine, ma anche per affinità col verso di Ovidio: Audacem Forsque Venusque juvant (Ars amatoria. I, v. 608). Lo stesso concetto è reso anche dal poeta Pietro Metastasio in due luoghi:
1196. (Ma) Fortuna ed Ardir van spesso insieme.
1197. Sorte non manca, ove virtù s’annida;
E un bell’ardire alle grand’opre è guida.
Non va taciuto peraltro che sovente l’audacia è figlia della necessità, come l’unica via per salvarsi nei gravissimi pericoli, e così
1198. Spesso avvien che ne’ maggior perigli
Sono i più audaci gli ottimi consigli.
Perciò, se ti trovi in periglioso frangente, dove ti occorra di chiamare in aiuto tutte le tue forze, ricorda la sentenza dantesca:
1199. Ogni viltà convien che qui sia morta.
ovvero pensa che quello è:
1200. ....Il loco
Dove convien che di fortezza t’armi.
o come dice Sibilla ad Enea:
1201. Nunc animis opus, Ænea, nunc pectore firmo.1
- ↑ 1201. Ora è d’uopo, Enea, di coraggio e di saldo petto.