Così, per esempio, il nostro Puschkin scrive dei poemetti, il suo Oneghine o il suo Zingaro, opere d’un valore molto disuguale, ma che sono pur sempre tutte opere d’arte vera. Ma ecco, che sotto l’influenza d’una critica mendace che esalta Shakespeare, lo stesso Puschkin scrive il suo Boris Godunof, opera artificiosa e fredda; ed ecco che i critici esaltano codesta opera e la propongono a modello; ed ecco che la imitano tutti, Ostrowski nel suo Minine, Alexis Tolstoi nel suo Tsar Boris, ecc. Queste imitazioni d’imitazioni ingombrano tutte le letterature d’opere mediocri e assolutamente inutili. E questo è il male maggiore che fanno i critici; mancando essi stessi della capacità d’esser commossi dall’arte (e ne mancano per forza, poichè altrimenti non tenterebbero l’impossibile, cioè di interpretare le opere d’arte) non possono dare importanza o concedere delle lodi che ad opere artificiose e prodotte a sangue freddo. Gli è per questo che esaltano con tanta prosopopea, nelle lettere i tragici greci, Dante, Tasso, Milton, Goethe, e tra gli autori più recenti, Zola e Ibsen; nella musica il Beethoven dell’ultima maniera, e Wagner. Per giustificare l’elogio entusiasta che fanno di questi grandi uomini, essi costruiscono