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numero la carta successiva alla ventesima. Il testo è scritto su due colonne; il Dec. comincia a c. ir e termina a c. 110v; nel recto dell’ultima carta, rimasto bianco in origine, fu scritto di mano degli estremi anni del Trecento o dei primissimi del secolo seguente un «Sonnetus Peregrini de Zambecariis», noto per esserci stato conservato da altre fonti1. Il codice si compone attualmente di 14 fascicoli quaderni, ma è purtroppo mutilo per la perdita, accaduta anteriormente alla numerazione, di due interi fascicoli, uno dopo la c. 79 e un altro dopo la c. 103; mancano per conseguenza i tratti seguenti del nostro vol. II:

1) dalle parole «pare che l’uscio nostro sia tócco» 4423 alle parole «e ciascuno altro, se» 8720;

2) dalle parole «tu di’, ché non ti fai» 2308 alle parole i fatti suoi a Roma» 28215.

Una terza mancanza è determinata dalla perdita della prima carta originale, sostituita per cura di un nuovo possessore da un’altra, pure membranacea, la cui scrittura (che a me par senza dubbio di mano del secolo XV) si direbbe condotta espressamente sul modello di quella di B; son cosí andati distrutti, del testo primitivo, tutto il proemio ed il tratto iniziale dell’introduzione alla Giorn. I sino alle parole «adoperata pareva seco» di I 1113. Alla prima carta doveva precedere la tavola delle novelle, che andò egualmente distrutta e non fu piú sostituita2. Si può stabilire che intorno al 1470, ossia quando B serví di antigrafo all’edizione del Deo Gratias3, la surrogazione del foglio iniziale era giá avvenuta; invece i due fascicoli intermedi erano sempre al loro posto. In quel tempo il volume non doveva essere rilegato, e questa condizione, come fece svanire quasi completamente la scrittura del recto della prima carta, cosí fu senza dubbio cagione (forse durante il Cinquecento) della piú grave dispersione.

  1. Com. Qual Phidia nelo scudo de Minerva e fu riprodotto dal Tobler, loc. cit.. pp. 378-9. Lo stampò di recente, senza conoscere la lezione di B, ch’è autorevolissima, L. Frati nei suoi Rimatori bolognesi del Trecento, Bologna, 1915, p. 65.
  2. Il Tobler era rimasto incerto circa la presenza della tavola (p. 380); l’ammise invece lo Hecker (Das Deo Gratias-Druck cit., p. 222 n.), e mi sembra che avesse ragione. Quanto alla causa della scomparsa della prima carta, credo di non andar errato supponendo che questa fosse strappata per eliminare indicazioni di proprietá (notamenti in calce o stemma miniato o ambedue le cose insieme) che riescissero imbarazzanti ad un nuovo possessore.
  3. Cfr. qui, p. 337.