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348 | nota |
numero la carta successiva alla ventesima. Il testo è scritto su due colonne; il Dec. comincia a c. ir e termina a c. 110v; nel recto dell’ultima carta, rimasto bianco in origine, fu scritto di mano degli estremi anni del Trecento o dei primissimi del secolo seguente un «Sonnetus Peregrini de Zambecariis», noto per esserci stato conservato da altre fonti1. Il codice si compone attualmente di 14 fascicoli quaderni, ma è purtroppo mutilo per la perdita, accaduta anteriormente alla numerazione, di due interi fascicoli, uno dopo la c. 79 e un altro dopo la c. 103; mancano per conseguenza i tratti seguenti del nostro vol. II:
1) dalle parole «pare che l’uscio nostro sia tócco» 4423 alle parole «e ciascuno altro, se» 8720;
2) dalle parole «tu di’, ché non ti fai» 2308 alle parole i fatti suoi a Roma» 28215.
Una terza mancanza è determinata dalla perdita della prima carta originale, sostituita per cura di un nuovo possessore da un’altra, pure membranacea, la cui scrittura (che a me par senza dubbio di mano del secolo XV) si direbbe condotta espressamente sul modello di quella di B; son cosí andati distrutti, del testo primitivo, tutto il proemio ed il tratto iniziale dell’introduzione alla Giorn. I sino alle parole «adoperata pareva seco» di I 1113. Alla prima carta doveva precedere la tavola delle novelle, che andò egualmente distrutta e non fu piú sostituita2. Si può stabilire che intorno al 1470, ossia quando B serví di antigrafo all’edizione del Deo Gratias3, la surrogazione del foglio iniziale era giá avvenuta; invece i due fascicoli intermedi erano sempre al loro posto. In quel tempo il volume non doveva essere rilegato, e questa condizione, come fece svanire quasi completamente la scrittura del recto della prima carta, cosí fu senza dubbio cagione (forse durante il Cinquecento) della piú grave dispersione.
- ↑ Com. Qual Phidia nelo scudo de Minerva e fu riprodotto dal Tobler, loc. cit.. pp. 378-9. Lo stampò di recente, senza conoscere la lezione di B, ch’è autorevolissima, L. Frati nei suoi Rimatori bolognesi del Trecento, Bologna, 1915, p. 65.
- ↑ Il Tobler era rimasto incerto circa la presenza della tavola (p. 380); l’ammise invece lo Hecker (Das Deo Gratias-Druck cit., p. 222 n.), e mi sembra che avesse ragione. Quanto alla causa della scomparsa della prima carta, credo di non andar errato supponendo che questa fosse strappata per eliminare indicazioni di proprietá (notamenti in calce o stemma miniato o ambedue le cose insieme) che riescissero imbarazzanti ad un nuovo possessore.
- ↑ Cfr. qui, p. 337.