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282 giornata decima

avendo spento, a Tito tacitamente andatosene, gli disse che con la sua donna s’andasse a coricare. Tito, veggendo questo, vinto da vergogna, si volle pentere, e recusava l’andata: ma Gisippo, che con intero animo, come con le parole, al suo piacere era pronto, dopo lunga tencione vel pur mandò; il quale come nel letto giunse, presa la giovane, quasi come sollazzando, chetamente la domandò se sua moglie esser voleva. Ella, credendo lui esser Gisippo, rispose del sí; onde egli un bello e ricco anello le mise in dito, dicendo: — Ed io voglio esser tuo marito. — E quinci consumato il matrimonio, lungo ed amoroso piacer prese di lei, senza che ella o altri mai s’accorgesse che altri che Gisippo giacesse con lei. Stando adunque in questi termini il maritaggio di Sofronia e di Tito, Publio suo padre di questa vita passò, per la qual cosa a lui fu scritto che senza indugio a vedere i fatti suoi a Roma se ne tornasse. E per ciò egli d’andarne e di menarne Sofronia diliberò con Gisippo, il che senza manifestarle come la cosa stesse, far non si dovea né poteva acconciamente; laonde un dí, nella camera chiamatala, interamente come il fatto stava le dimostrarono, e di ciò Tito per molti accidenti tra lor due stati la fece chiara. La qual, poi che l’uno e l’altro un poco sdegnosetta ebbe guatato, dirottamente cominciò a piagnere, sé dello ’nganno di Gisippo ramaricando: e prima che nella casa di Gisippo nulla parola di ciò facesse, se n’andò a casa il padre suo, e quivi a lui ed alla madre narrò lo ’nganno il quale ella ed eglino da Gisippo ricevuto avevano, affermando sé esser moglie di Tito e non di Gisippo, come essi credevano. Questo fu al padre di Sofronia gravissimo, e co’ suoi parenti e con que’ di Gisippo ne fece una lunga e gran querimonia, e furon le novelle e le turbazioni molte e grandi. Gisippo era a’ suoi ed a que’ di Sofronia in odio, e ciascun diceva lui degno non solamente di riprensione, ma d’aspro gastigamento. Ma egli sé onesta cosa aver fatta affermava e da dovernegli esser rendute grazie da’ parenti di Sofronia, avendola a miglior di sé maritata. Tito, d’altra parte, ogni cosa sentiva e con gran noia sosteneva; e conoscendo costume esser de’ greci tanto innanzi sospignersi co’ romori e con le minacce quanto penavano a