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Rime | 179 |
I’ solea spesso ragionar d’amore
E talora cantar del vago viso,
Del qual fatto s’avea suo paradiso1,
Come di luogo eletto, il mio signore2.
Or è il mio canto rivolto in dolore5
E trasmutato in pianto il dolce riso,
Po’ che per morte da no’ s’è diviso
E terra è divenuto il suo splendore3.
Né sarà mai ch’alla mente mi torni
Quella imagine bella, che conforto10
Porger solea a ciascun mio disire4,
Che io non pianga e maladichi i giorni
Che tanto m’ànno in questa vita scorto,
Ch’io sento del mio ben fatto martire.
Se io, che già, più giovine, provai
D’Amor le fiamme e le saette acute,
Ora per morte [et] ora per salute
Pregando5, a sordo sempre lui pregai,
Che doveria sperar ora già mai,5
Vedendomi le tempie esser canute,
Crescer li affanni e mancar la vertute,
Che sì di lieve pigliar mi lassai6?
- ↑ Cfr. p. 166, n. 6.
- ↑ Amore.
- ↑ Se reggesse il presupposto dell’autenticità, si dovrebbe dedurre da questo son. che la notizia della morte della Fiammetta inspirò immediatamente al Boccacci compianti, dei quali oggi invano si cerca traccia tra le rime certe.
- ↑ Cfr. p. 177, n. 1.
- ↑ «Ora chiedendo la morte ora la salute.»
- ↑ È il medesimo concetto delle quartine del son. LXXXVII, e anche la condizione sentimentale del poeta innamorato è la medesima. Si potrebbe affermare che questo componimento (come