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Rime 177


Degli occhi, dei qual nacque el foco ond’io
     Arder mi sento più che mai el core,
     Mover solia sovente uno splendore
     Che pace dava ad ogni mio disio1.
     Ora, o ch’io sia da llor messo in oblio,5
     Come tal volta advien, per novo amore,
     O per disdegno o per cieco furore
     O forse per alcun difetto mio,
Non so; ma ben cognosco ch’io dispiaccio
     Dov’io solia piacer, sì dispettosi10
     Torcer li2 vedo d’ond’io sia veduto.
     Per ch’io sospiro e gli occhi dolorosi
     Piangono el tempo ch’io ò già perduto,
     Nutrendo el foco per cui or mi sfaccio3.


I’ vo, sonetto, i mie’ pensier fuggendo,
     Come colui che se li trova rei4,
     Però che sempre parlan di colei
     Che la mia morte vuole e va chiedendo;
     E sì mi van, là dov’io vo, seguendo,5
     Ad occuparmi più ch’io non vorrei:


  1. Quasi lo stesso pensiero ricorre ancora nel son. I’ solea spesso (p. 179), vv. 10-11.
  2. Gli occhi.
  3. Tenendo conto dei vv. 7-8, potrebbe apparire una stretta affinità tra il presente son. e il LII; ma qui v’è, di più, affacciata la possibilità del tradimento da parte della donna amata (vv. 5-6). Ritengo perciò che, prescindendo dalla questione dell’autenticità, questo son. sia da considerare in rapporto al LXXI, ove il poeta, tornato da Firenze a Napoli (cfr. p. 107, n.), si lagna di sentirsi spiacente, fuor d’ogni aspettazione e senza sapere perché. Altrettanto si può pensare del son. che segue, per quelle amare dichiarazioni dei vv. 9-14.
  4. «Dolorosi.»
12. — Classici italiani, N. 1.