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Rime 107

     L’alpi selvaggie et piene di spavento,
     Et de’ fiumi et del mar le torbid’onde,
     Et qualunqu’altra cosa più confonde5
     Il pover peregrin, che, mal contento,
     Da’ sua s’allunga, non ch’alcun tormento
     Mi desser, tornand’io1, ma fur gioconde:


  1. Dove? e di dove? A queste domande è stato differentemente risposto dagli studiosi, alcuni dei quali ànno riferito il sonetto alla passione per Fiammetta, mentre altri l’anno attribuito a relazioni amorose antecedenti. È quest’ultimo il parere del Torraca (op. cit., p. 74), il quale osserva: ‘Perchè il Boccaccio sarebbe andato lontano da Napoli, percorrendo mari e monti, dopo che, abbandonata la mercatura, s’era messo a studiare diritto canonico? Molto più probabile è che avesse fatto quel viaggio per ragioni di commercio, quando non ancora amava Maria’ d’Aquino. Ad un allontanamento da Napoli, che ‘dovrebbe attribuirsi al periodo del primo soggiorno del nostro in Napoli’ stessa, pensò pure il Crescini, p. 182, n. 1: ma questi giudicò che fosse Fiammetta la donna cui il poeta, tornando, trovò inaspettatamente adirata. A tale identificazione accede il Della Torre, p. 289-90, il quale, precisando, trova di poter attribuire il sonetto a ‘qualche sdegno passeggiero venuto, durante il periodo dell’amore contraccambiato, a turbare il troppo sereno orizzonte amoroso dei due amanti’. È mia opinione, invece, che si tratti di un sin qui ignorato viaggio a Napoli avvenuto dopo il ritorno a Firenze della fine del 1340: per esempio nel 1343 o nel 1344. In quest’occasione il Boccacci si sarebbe reso conto coi propri occhi del cambiamento della sua donna; e alla stessa dolente occasione apparterrebbero i tre sonetti successivi, ove si parla apertamente dell’inganno e del tradimento di Fiammetta (cfr. LXXII, 9-11; LXXIII, 11; LXXIV, 12-14). Ma il viaggio di ritomo, a cui si accenna nel sonetto presente, sarebbe stato compiuto d’inverno, come altri ebbe a pensare per quella menzione del ghiaccio e del vento (v. 2)? La ragione addotta non è sufficiente; nell’egloga I del Buccolicum carmen, per esempio, Damone chiama ‘nivosas alpes’ quelle che Tindaro (il Boccacci) à trovato nel tornare da Napoli a Firenze, e non v’è dubbio che qui l’aggettivo sia usato senza riferimento ad una stagione determinata. D’altra parte, non