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Rime | 169 |
O fuggitivo servo, ove ne vai? — .
E rider e ’l prender me e rilegarmi
E darmi a’ sua ministri1 fu in un punto.
Il mar tranquillo, producer la terra
Fiori et erbette, el ciel queto girarsi2,
Gli uccelli più che l’usato allegrarsi,
Quando fuori Eol zeffiro disserra3,
Ò già veduto; se ’l veder non erra,5
Veggio le donne belle e vaghe farsi,
E le bestie ne’ boschi acompagnarsi4,
E pace o triegua farsi d’ogni guerra;
Posarsi i buoi delle fatiche loro5,
E bobolchi6 e pastor sotto alcuna ombra10
Cercare il fresco e riposarsi alquanto.
Ma io, che per amor mi discoloro
E cui disio più che speranza ingombra,
Riposare non posso tanto o quanto7.
Se io potessi lo specchio tenere
Al cui consiglio fersi le saette8,
- ↑ Che saranno, fuor di metafora, gli occhi. Si osservi l’efficace rappresentazione di questa viva scenetta, pregevole per la felice rispondenza del reale al figurato.
- ↑ Senza tempeste o altra perturbazione.
- ↑ Di primavera. Richiama l’immagine che abbiam visto in LXII, 1-4.
- ↑ I maschi con le femmine.
- ↑ Può essere una reminiscenza dantesca (Inf., II, 3).
- ↑ «Bifolchi, agricoltori.»
- ↑ Il son. è condotto sulla stessa trama del XXXIX.
- ↑ Quelle con cui Amore passa il cuore del poeta. Per l’immagine dello specchio dietro il cui consiglio furon temprate queste saette, cfr. un’espressione analoga in CIV, 7-8.