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nate a spuntare nel colletto, scalzando all’uopo il terreno (14).
132. — Tutto dovete tagliare con arma ben affilata, e con molta diligenza, per non offendere le gemme.
133. — Da ciò ne verrà che resteranno due tralci bene accomodati e netti: l’uno dei quali, il più alto dal ceppo, costituirà il capo a frutto, o tralcio del presente, perchè darà il frutto nel prossimo autunno; e l’altro sarà il capo a legno, o tralcio dell’avvenire, essendo destinato a fruttificare nell’anno futuro (120, 121).
134. — Eseguita la prima potatura, legate strettamente il ceppo presso terra ad una canna alta come i fittoli che sostengono il filo, cioè metri 1,20 fuori terra, tenendovi provvisoriamente allacciato il capo a legno, quindi piegate leggermente il capo a frutto all’ingiù ad una comune e simmetrica direzione con le altre viti, appoggiandola ad altra canna più corta, ossia 10 centimetri più alta del filo, al quale verrà fermata.
In una parola, fate che la vite sia posta in pieno assetto, per modo che nulla vi resti a fare attorno, fuori che menare i due colpi del presente e dell’avvenire (120, 121).
135. — Quando la vite avrà finito di piangere o gemere, e cioè al fine di aprile o ai primi di maggio (91), si compirà la potatura, recidendo i detti due tralci, quello a frutto sotto la quarta o quinta gemma, e quello a legno sotto la terza, e cioè, serbandone due destinate a dare