Opere volgari (Alberti)/Nota sul testo (volume II)/De Iciarchia
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IV
DE ICIARCHIA
A) TESTIMONIANZE
MANOSCRITTO
cc. 1-68. Tit. Leonis Bapti. Albertis De Iciarchia incipit. Il cod. fu copiato dalla stessa mano che vergò il cod. Magl. XXI. 90, cioè da Giovanni di Matteo di Giovanni Strozzi, e fu Finito a dì XXV di giugno 1483 (nota in fondo a c. 68v). Per la descrizione del cod. vedi vol. I, p. 450 (ivi, p. 369 anche la descrizione del Magl. XXI. 90); e cfr. p. 420 del presente volume.
EDIZIONE
Opere volgari di L. B. A., a cura di A. Bonucci, vol. III, 7-151. Testo fondato su L1 .
I) LA PRESENTE EDIZIONE
L’unico codice superstite ci dà un testo abbastanza corretto e senza lacune. Nelle note che seguono sono registrati i pochi casi in cui è parso opportuno qualche intervento per emendare la lezione del manoscritto. Per la grafia ci siamo attenuti in linea di massima alle norme già esposte nel vol. I. Va notato però quanto segue:
a) Il cod. ha costantemente la forma con m semplice nella desinenza della 1a pers. plur. del passato remoto e del condizionale. Noi abbiamo raddoppiato in ogni caso.
b) Oltre ad introdurre il raddoppiamento dell’articolo dopo le preposizioni a, da, di, su (nel cod. generalmente non raddoppiato), abbiamo livellato l palatale (gli) nell’articolo plurale davanti a parola cominciante con vocale o con s + consonante.
c) Mentre rendiamo normalmente con -ss- le varie x intervocaliche delle grafie latineggianti (vere o false: dixi, peximo), sostituiamo -s- in certe forme abusive (excluxo, propoxito). A scopo di uniformità mettiamo la doppia s in alcuni casi eccezionali nel codice (e finora non convalidati dall’uso albertiano) di -s- per -x- eseguire, esemplo, ecc.
d) Altri pochi casi di consonanti semplici livellati con la doppia: abiamo, sarebe, machina, inofiziosi, s’appelano, tranquilità, insuma, dunoso, avièmi, erammo, veranno, conceso. Viceversa, facendo (non faccendo) accanto a faccenda.
L’opera fu composta probabilmente intorno al 1470. Questo si può dedurre dal fatto che l’Alberti parla di se stesso come grave di anni e ormai raro frequentatore di Firenze (pp. 197, 286), e anche dal riferimento (p. 262) alle innovazioni finanziarie nella repubblica che il Mancini volle riportare precisamente all’anno 14691. Va notato però che le condizioni climatiche di Firenze all’apertura del dialogo, le piene e le inondazioni, potrebbero forse riferirsi al 1465 quando l’Arno traboccò e piazza S. Croce fu coperta dalle acque per tre braccia di profondità2. Tra le ultime, se non addirittura l’ultima opera dell’Alberti, rispecchia il suo pensiero più maturo sulla vita morale e civile, e tende alla formazione dell’iciarco, «nome tolto da’ Greci», cioè «supremo omo e primario principe della famiglia sua» (p. 273), donde il titolo De Iciarchia.C) APPARATO CRITICO
p. 190 | 14. Manca nel cod. il nome dell’interlocutore. |
p. 194 | 27. Il Bonucci cambia trovamo del cod. in troviamo; ma la desinenza -amo per il pres. sarebbe affatto eccezionale in questo codice. |
p. 195 | 17. cod. IV, che risolvo: Giovani. |
p. 216 | 25. Il nome ricorda la elegia albertiana intitolata appunto Mirzia (pp. 11-15 di questo volume). |
p. 221 | 12. cod. periculi. |
p. 228 | 1. cod. ama se tanto ama tanto pari... |
p. 233 | 14. cod. e hora per |
p. 235 | 10. cod. quelle cose. |
p. 241 | 28. cod. opera. |
p. 244 | 9. cod. molto. |
p. 253 | 16. cod. trascorrere. |
p. 261 | 2. Manca nel cod. Battista. |
p. 268 | 3. cod. come del corpo. |
p. 272 | 16. cod. Se chi adonque vi pare; faccio mia la correzione già proposta dal Bonucci. |
p. 274 | 32. Il Bonucci lesse contentisi; io leggo contêasi e interpreto I, cioè ‘si comporterà’; ma il risultato mi lascia sempre incerto. |