Opere minori (Ariosto)/Lettere/Lettera XII

Lettera XII

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XII.1

A Gianfrancesco Strozzi.

A nome dell’Alessandra Strozzi.

Questa sarà in risposta di tre lettere di V. S.; alle quali, fuorch’una ch’io le scrissi di villa, non ho possuto risponder prima, perchè dopo il mio ritorno non sono mai stata ferma, ma andata di qua e di là, come carnovale. Alla prima, nella quale Ella mi dava commissione di far fare quelli drappeselli,2 non potei satisfare, perchè mi fu data tra via quando io andavo in villa; e non mi trovando io qui, se ben ci avessi scritto, non avrei possuto far cosa buona: ma tosto ch’io son ritornata, gli ho fatto fare, e pel primo che mi accada sufficiente, ve li manderò. Aveva anco ordinato il velo per la Madonna; ma il cancelliero del signor Alessandro mi ha detto da parte di V. S. ch’io non lo faccia far più, e terrò li danari per li drappeselli. Il medesimo che diede la lettera di V. S. al capitano Batistino, la diede ancora al conte Lorenzo; e perchè ho inteso che ’l conte Lorenzo dice che non l’ha avuta, sappiate che dice le gran bugíe.

Io ho inteso delle nozze ch’avete fatte; delle quali ho preso tanto contento, quanto di cosa ch’io avessi possuto udire. Così Dio faccia che sieno felici e fauste, e che fra pochi giorni io senta che si faccian l’altre di madonna Lucrezia, e quelle [p. 543 modifica]di V. S. Circa che vi dolete che ’l cancelliero di questa3 fosse ammalato a Padova e V. S. niente ne seppe, V. S. sappia, che quando gli venne alli Bagni la prima febbre, accadette che vi si trovò il cavaliero degli Obici, e lo pregò che venisse a Padova ad alloggiar seco finchè fosse risanato; e tanto lo persuase, che lasciò di venire a Ferrara, come avea prima deliberato, ed andò a Padova, dove ebbe un’altra febbre, che fu terzana. Ed avendo egli disegnato, risanato che fosse, di star qualche giorno in Padova, dove avría visitato V. S. e gli altri suoi amici, sopraggiunse il signor duca, e lo menò seco a Vinegia, che ancora era debole e non ben guarito; sicchè gli mancò il tempo di far quello ch’era il debito suo: e però V. S. lo scusi. S’un’altra volta gli accadesse a venire in quelle parti, rifaría questo dove ora par che sia mancato; ed a V. S. molto si offerisce e raccomanda.

Il lino ebbi; del quale, oltra quello che di villa io le scrissi, senza fin la ringrazio, e per amor suo me lo goderò; ancora che mi pare che dovéa bastare che l’anno passato V. S. me ne donò. Così mi pare che la voglia4 far mia feudataria. Alla quale mi raccomando sempre, e la priego che da mia parte abbracci la madonna sua madre, e sue sorelle; e all’una e all’altre senza fin mi raccomando; e s’io posso lor far servizio, che senza rispetto mi comandino, c’ho gran piacere e desiderio di far lo’5 cosa grata.

Ferrara, 26 ottobre 1531.
Di V. S.

Alessandra Strozza.

Fuori — Al Magnco Messer Giovanfrancesco de’ Strozzi.
          A Padova.


Note

  1. Tra le pubblicate dal Barotti, l. c, pag. 393.
  2. Pronunzia lombarda, invece di Drappicelli, che qui sembra posto nel senso di Fazzoletti.
  3. Cioè lo stesso Ariosto, come nella Lettera X ed altre; e quanto qui segue, è relativo ai casi di lui medesimo. Vedasi il Baruffaldi, Vita ec., pag. 208.
  4. Così la stampa del Pitteri, ma gioverebbe correggere: la si voglia.
  5. Lo’ per lor, frequentissimo anche in certi vernacoli di Toscana.