Opere (Lorenzo de' Medici)/XVII. Rime varie o di dubbia autenticitá/V. Canzoni a ballo/Canzone XI.

XI. [Astuzia muliebre]

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xi

[Astuzia muliebre]


     Una donna d’amor fino
s’innamorò, ch’i’ vo’ che voi sappiate:
la fe’ tanto con un frate,
ch’ell’ebbe un bel garzone al suo dimíno.
     La donna se n’andò al frate,
e dissegli: — Messer, con voi mi doglio;
né a uscio né a finestra
non mi posso far piú, com’io far soglio;
onde ch’io pregar vi voglio
che ’l facciate venir dinanzi a voi;
ditegli che non mi nòi,
sí come fa da sera e da mattino. —
     Il frate mandò per lui,
e dissegli: — Garzon, tu non se’ saggio:
in casa le donne d’altrui
tu vai facendo villania ed oltraggio.
Una donna di gran legnaggio
s’è venuta di te meco a dolere. —
Ond’egli disse: — Messere,
i’ non son desso; voi errate il cammino. —
     La donna al frate ha a ritornare,
e lui le disse quel che gli ebbe a dire.
Ella cominciò a parlare:
— Oimè lassa! come lo può disdire?
Perch’io non gli vòlsi aprire,
questo scheggial mi gittò con la borsa,
onde a voi i’ son ricorsa,
gliel rendiate: non vo’ di suo un lupino. —
     Il buon frate a mano a mano
mandò per lui la volta seconda,

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e dissegli: — Tu se’ villano;
ma ragion vuol che a me non ti nasconda.
Per la virtú che m’abbonda
di questa donna, a chi dái tanta noia,
la rifiuta ogni tua gioia.
Tien’ qui: non vuol del tuo pur un quattrino. —
     Il garzon prese quelle cose,
pensando come il fatto dovea andare,
ed al buon frate rispose:
— O bel messer, non fie piú tale affare. —
Poi cominciò a passare
dall’uscio della donna disiando,
per sapere il che e ’l quando
potessi côr la rosa del giardino.
     E la donna l’altro giorno
per insegnarli la diritta via,
al buon frate la fe’ ritorno.
Lui le disse ciò che fatto avía.
Ella disse: — In fede mia,
dice a voi che s’è emendato.
Udite quel che il dispietato
mi fe’ stanotte, ed era in sul mattino.
     Io ho nella mia corte un fico
appiè dell’uscio della camera mia;
su vi salse il bello amico:
io ero desta e niente dormia.
Vituperata m’aría
in su quel punto, se non ch’io gridai;
per lo certo trovai:
la nottola m’alzò col coltellino. —
     Il frate mandò per lui di botto,
e dissegli: — Tu vai cercando morte! —
Poi gli disse a motto a motto
la salita del fico e della corte;
e lui con parole accorte
gli rispose: — Messer, tenete a mente:

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se mai piú sentite niente,
fatemi crucciar per paterino. —
     La sera come uom sicuro
a casa della donna andò il donzello:
della corte e’ passò il muro,
salse in sul fico e fu giunto al portello;
né bisognò coltello,
ch’ella gli aperse prestamente;
pensate, buona gente,
se in quella notte macinò il mulino.
     La mattina al far del giorno,
quando il donzello si volea partire,
la gli andava con baci intorno,
dicendo: — Signor mio, dove vuoi gire? —
Ei disse: — Io mi vo’ partire,
cara madonna, perché non si saccia. —
Lei con baci l’abbraccia,
dicendo: — Tornerai per tal cammino. —
     Sappiate che il frate santo
a questa cosa andava a buona fede,
e il garzone, infino a tanto
che la malizia della donna non vede;
la donna ha ciò ch’ella chiede,
sí che tornare al frate non bisogna;
il frate con gran vergogna
s’accorse, e predicò questo latino.