Opere (Lorenzo de' Medici)/XVI. Canti carnascialeschi/Canzona V.

V. Canzona dello zibetto.

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V. Canzona dello zibetto.
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Canzona dello zibetto.


     Donne, quest’è un animal perfetto
a molte cose, e chiamasi ’l zibetto.
     E’ vien da lungi, d’un paese strano;
sta dov’è gemizion over pantano,
in luoghi bassi, e chi ’l tocca con mano,
rade volte ne suole uscir poi netto.
     Carne sanz’osso sol gli paion buone,
ma vuolne spesso e, se può, gran boccone;
poi duo dita di sotto al codrione,
come udirete, si cava il zibetto.
     Hassi una tenta, ch’è un terzo lunga,
spuntata acciò che drento non lo punga.
Caccisi drento, e convien tutta s’unga,
o donne, e’ vi parrá dolce diletto.
     Cosí si cava quel dolce licore;
ed ècci a chi non piace quell’odore:
egli è pur buon, ma il troppo fa fetore
di qualche tanfo a chi lo tien mal netto.
     Bisogna al metter drento ben guardare;
il luogo ov’è ’l zibetto non scambiare,
ché si potria d’altra cosa imbrattare
la tenta, e fassi male al poveretto.
     Chi non ha tenta pigli altro partito;
truova stran modi, o almeno fa col dito,
e poi lo dánno a fiutare al marito,
se non ha tenta o vien da lui il difetto.
     È certe volte a trar pericoloso,
perché gli ha il tempo suo, e vuol riposo
tre giorni o quattro; pure un voglioloso
non guarda a quello e trae un stran brodetto.

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     La virtú del zibetto, o donne, è questa:
mettivi il naso, scarica la testa;
della donna del corpo ogni mal resta,
e non c’è meglio a chi ha tal difetto.
     Chi avessi durezza nelle rene,
la punta della tenta ugnerai bene;
metti ov’è il male, e subito ne viene
fuor la caldezza, e hane gran diletto.
     Di fare ingravidare ha gran virtue;
molte altre ancor, ma non ne direm piue;
forse abbiam detto troppo; donne, or sue,
provate se gli è ver quel che abbiam detto.
     Se ne volete, noi ne vogliam vendere;
del piú vivo che avete convien spendere;
non state dure; e’ vi bisogna arrendere,
e menar a volerne un bossoletto.