Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
xvi - canti carnascialeschi | 245 |
v
Canzona dello zibetto.
Donne, quest’è un animal perfetto
a molte cose, e chiamasi ’l zibetto.
E’ vien da lungi, d’un paese strano;
sta dov’è gemizion over pantano,
in luoghi bassi, e chi ’l tocca con mano,
rade volte ne suole uscir poi netto.
Carne sanz’osso sol gli paion buone,
ma vuolne spesso e, se può, gran boccone;
poi duo dita di sotto al codrione,
come udirete, si cava il zibetto.
Hassi una tenta, ch’è un terzo lunga,
spuntata acciò che drento non lo punga.
Caccisi drento, e convien tutta s’unga,
o donne, e’ vi parrá dolce diletto.
Cosí si cava quel dolce licore;
ed ècci a chi non piace quell’odore:
egli è pur buon, ma il troppo fa fetore
di qualche tanfo a chi lo tien mal netto.
Bisogna al metter drento ben guardare;
il luogo ov’è ’l zibetto non scambiare,
ché si potria d’altra cosa imbrattare
la tenta, e fassi male al poveretto.
Chi non ha tenta pigli altro partito;
truova stran modi, o almeno fa col dito,
e poi lo dánno a fiutare al marito,
se non ha tenta o vien da lui il difetto.
È certe volte a trar pericoloso,
perché gli ha il tempo suo, e vuol riposo
tre giorni o quattro; pure un voglioloso
non guarda a quello e trae un stran brodetto.