Odi e inni/Odi/A Ciapin

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A CIAPIN


Quella vendemmia ch’hai deposta, senza
libarne, pura, nel cellier di sotto,
tre anni fa, per l’ora che in licenza
                              4venga Pinotto;

quella vendemmia che sgorgò dal cerro
del masso, credo; ch’odïò la fonte;
ch’altra non ebbe tanto del tuo ferro,
                              8ferreo Piemonte;

quella vendemmia che ribollì scossa
tutta da un cupo palpito alla prima
luna di marzo, come l’onda rossa
                              12d’Abba Garima;

e ch’ora tiene nel suo forte vetro,
come in un muto e forte cuor, costretta
l’ira d’allora e il lungo pensier tetro
                              16della vendetta:

Ciapin fedele, frema negli oscuri
vetri segnati dalla cauta cera,
quella vendemmia! resti ancor, maturi
                              20quella barbèra!

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Non beva il vino dell’eroe chi chiede
al vin l’oblio del cuore e delle gambe
tremule! Ei vive: là vagar si vede,
                              24solo, tra l’ambe.

Serbalo il vino dell’eroe che tace
ma vive. Ignote costellazïoni
lui fissano e, con occhi tra le acace
                              28tondi, i leoni.

Serbalo il vino dell’eroe che vuole
quello che vuole, e là resta al comando
suo, donde, certo e allegro come il sole,
                              32tornerà, quando...

Serba per quando, ciò che ha fermo in cuore,
coi nostri pezzi che al ghebì selvaggio
son come cani, e con il nostro onore
                              36ch’è come paggio...

Serba la tua purpurea barbèra
per quando, un giorno che non è lontano,
tutto ravvolto nella sua bandiera
                              40torni Galliano.