Odi civili/Per l'insurrezione della Grecia

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Per l’insurrezione della Grecia
Odi civili Per la guerra d'America
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Per l'insurrezione della Grecia


Su queste rocce che la neve imbianca
E coronan le nubi e il mar flagella,
Dove rugge la scura ala mai stanca
                    4De la procella;

E specchiate le cime irte ne accoglie
Il popolato Egeo, dove la bruna
Nave ottomana abbominata scioglie
                    8L’Osmania luna;

Quando s’inalza in ciel l’ora più muta
Ed incerto l’austral Sirio fiammeggia,
Una voce per quelle aure perduta
                    12Qual tuono echeggia.

E se spande la luna i suoi sereni,
Su quelle rupi solitarie assiso
Immenso Angiol si vede, e di baleni
                    16Arde nel viso.

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E le tenebre rompe e le secrete
Vigilate da Lui ore notturne;
E al suo grido fatal sorgono inquete
                    20L’ombre dall’urne.

Spezza la pietra e leva il fronte al sole,
Fenice eterna: è il dì! Ti scuoti, o inulta;
Ecco un brando, ecco un’ara: Iddio lo vuole,
                    24Sorgi, o sepulta!

Regina un dì ti salutai possente;
Su quattro mari allor libravi il volo:
Era meta l’Olimpo alla tua mente,
                    28Al brando il polo.

Chè se indi il tempo e la tua sorte e il pondo
Di tua grandezza ogni virtù t’estinse,
E al carro trionfal, ladron del mondo
                    32Quirin t’avvinse;

E di tenebra lunga indi t’avvolse
Dall’arabiche arene orda irrompente,
E brando e serti e nome e onor ti tolse
                    36Ed ara e mente;

Or sorgi! E tu che al barbaro Ottomanno
Pieghi ancora la fronte, e tu che gemi
Sotto la verga del corsal Britanno
                    40Lévati e fremi!

Pei visceri d’Europa indomito erra
Foco, che a troni e a re schiude gli avelli:
Tu non cadrai, s’è Dio nel ciel, se in terra
                    44Son pur fratelli!

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Tu non cadrai! Nè fia quel sangue vano,
Che di tua libertà l’are fe’ molli;
Onde vermiglio è di Cidonia il piano,
                    48Di Suli i colli.

Chè se allor pesti i tuoi lauri, livore
Di potenti t’oppose argine al corso,
E se ignaro di te stranio signore
                    52Ti strinse il morso;

Non disperare! Iddio levò il flagello
Sui nepoti d’Asburgo, e fien distrutti:
Ne l’indocile al sol paterno ostello
                    56Torneran tutti.

Ma credi al ciel, credi al tuo braccio. È forte
Chi de le sue speranze è brando, è duce:
In tra le abbominose ombre di morte
                    60Sarà la luce.

Men temi gli stranieri odi rompenti
Più le lusinghe! E già scoppia lontano
Grido a disingannar le illuse genti
                    64Dal Vaticano.

Dal Vatican, che reggia una ed altare
A Italia esser dovea nei dì più belli;
Onde gli estinti da Superga al mare
                    68Spezzàr gli avelli.

Tu leva il guardo al Pindo ed a l’Oeta,
Aquila dell’Olimpo, e ai quattro mari:
Ecco l’ombre di Marco e di Niceta,
                    72Ecco Canari.

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E già al lor grido si scatena e mugge
Della rovina il formidabil segno:
Sovra la terra è un uragan, che fugge
                    76De l’empio il regno.

In sanguinose spire avviluppata
Rugghia attorno di lui l’ira di Dio;
Di Faraon la verga ecco è spezzata;
                    80L’empio fuggìo.

L’empio fuggì! De la tua gloria il Sole
Splenda incontro alla nova alba latina:
Ecco un brando, ecco un’ara: Iddio lo vuole;
                    84Sorgi e cammina!


Novembre 1862.