O Cicognino, o caro
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XLV
AL SIG. JACOPO CICOGNINI
Invitalo con promessa di buoni vini.
O Cicognino, o caro
Della bionda Talia,
Qui ne vien, dove chiaro
Mormorando ruscello al mar s’invia:
5Vedrai su piagge erbose
Le Drïadi fiorite,
E su rive arenose
Le volubili ninfe d’Anfitrite;
E con note amorose
10Sfogare i suoi dolori
Zefiro vago, e sospirare a Clori.
Qui non di gemme aspersa
Opra di nobil mano,
Ma lucida, ma tersa
15Tazza t’appresto, ed è cristallo Ispano:
Di vin qual ambra puro,
Voglio io ch’ella trabocchi,
Che dolce, che maturo,
Tosto, che il versi ti s’avventa agli occhi;
20I grappoli suoi furo
Della vendemmia egregia,
Onde in Toscana Gimignan si pregia.
Forse gioconde e liete
Fian tue labbra non meno,
25Se spegnerai la sete
Col mosto peregrin che manda il Reno:
Ma se per avventura
Alle tue vene accese
Vuoi rinfrescar l’arsura
30Con uve figlie di terren francese,
Meco ber t’assicura
Manna, che ad ogni sorso
Bacia la lingua sì che imprime il morso.
Chiuso in grotta gelata,
35Per me s’attinge allora,
Che amata e desïata
Del gran Cosmo al natal riede l’Aurora,
Allor d’almi amaranti
Corona al crine intesso,
40E meco cerco i vanti,
Che deve a sì buon rege il mio Permesso:
Ben son dovuti i canti,
Se tra gli affanni impetra,
Per l’alta sua bontà, scampo mia cetra.