Nuove osservazioni sulla zecca di Castiglione del Lago

Alessandro Lisini

1895 Indice:Rivista italiana di numismatica 1895.djvu Rivista italiana di numismatica 1895 Nuove osservazioni sulla zecca di Castiglione del Lago Intestazione 4 aprile 2018 75% Da definire

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NUOVE OSSERVAZIONI


SU LA ZECCA DI


CASTIGLIONE DEL LAGO


Carlo Kunz, se fu abile incisore di monete, altrettanto fu valente numismatico. Quando prese a illustrare il Museo Bottacin di Padova, di cui tenne la direzione, pubblicando alcune monete della zecca di Castiglione delle Stiviere, in una nota espone il dubbio che le pretese monete di Ferdinando I Granduca di Toscana, battute nel feudo di Castiglione del Lago presso il Trasimeno, altro non fossero se non contraffazioni di moneta toscana uscite dalla zecca di Castiglione delle Stiviere1. Qui riferirò le sue precise parole: " La presenza in questo gabinetto del quattrino che da molti si vuol battuto in Castiglione del Lago dal Granduca di Toscana Ferdinando I porgemi occasione di esporre un mio pensamento. L’Orsini fu il primo, credo, che ne facesse menzione; ma, avendo egli omesso di riportarlo nelle tavole, sembra denotare non fosse intieramente convinto che appartenesse a quel principe ed a quel luogo. Colta la palla al balzo l’instancabile letterato D. M. Manni accolse nei suoi Discorsi [p. 200 modifica]quale fatto irrefragabile quella opinione, e tanto bastò perche dai più fosse poi ammessa senz’altra discussione; ond’è che in nuovissime pubblicazioni nummografiche italiane trovasi ripetuta l’affermazione di quella pretesa zecca, contro la quale il mio istinto si è sempre ribellato e ne dirò il perchè, non senza invocare perdono da tutti quelli che opinano in altro modo. „ Le ragioni che egli adduce, in succinto sono queste. Che Ferdinando non avrebbe omesso in quelle monete il suo titolo principale di Granduca, o almeno vi avrebbe fatto imprimere il titolo che gli veniva conferito col feudo, cioè di marchese o di duca. Che i quattrini fatti battere da Ferdinando eran tutti con lega d’argento, mentre questi non sono che di puro rame, che la corona che sovrasta lo stemma non è quella Granducale, ma bensì una corona di principe qualunque.

Per chi bene vi rifletta, queste ragioni sono sì valide di per sé, che bastano per poter condannare all’ostracismo, come egli dice, questa ipotetica zecca. Ma se tuttora vi fossero degli ostinati che non andassero persuasi alle ragioni da lui addotte, il documento che qui sotto pubblico viene a rincalzare l’opinione di quell’accorto Numismatico.

Il documento è una informazione che fa il Capitano di Giustizia al Governatore di Siena sopra una supplica presentata da un cotal Francesco, a cui era stata trovata addosso una quantità di questi quattrinelli. Manca nell’Archivio senese l’istanza del medesimo Francesco, perciò non posso pubblicare che la sola informazione. Nonostante da questa si può arguire con bastante certezza che quelle monetucce di puro rame, per la somiglianza con i quattrini del Granducato, coniati con lega d’argento, dal Bargello di Dogana erano state sequestrate come monete false. Ma il supplicante asseriva che non potevano essere [p. 201 modifica]considerate come una falsificazione perchè esse erano piccoli bigattini che il principe Ferdinando Gonzaga faceva battere a Castiglione delle Stiviere, dando loro corso per tre al quattrino2. E il supplicante aggiungeva essersi indotto a farne acquisto per commerciarli con un bancherotto di Lucca, dove, per la somiglianza che essi avevano con i quattrini del Granducato, aveva veduto spenderli per un quattrino l’uno. Nota poi che portati quei bigattini a Lucca trovò che la Signoria di quella Repubblica, accortasi della frode, aveali fatti sbandire. Allora tentò di spenderli a Roma ed a Genova, nelle quali città, per una convenzione con il Granduca Ferdinando I, avevan corso le monete Medicee.

È evidente che questo Francesco, cercava di diffondere queste monete fuori di Toscana, non tanto perchè il popolo minuto, non pratico di siffatta moneta, di cui il corso era soltanto tollerato, l’accettava più facilmente, quanto anche per il caso che si fosse scoperta la frode. Egli dovette supporre che a Roma e a Genova, trattandosi della contraffazione di moneta non propria, la giustizia sarebbe stata meno rigorosa e la pena quindi più mite.

Rimane ora a chiarire come il principe Ferdinando di Castiglione potesse usare impunemente nelle proprie monete lo stemma della famiglia de’ Medici. Ma lo schiarimento ce lo fornisce un esemplare di questa moneta, conservata nella collezione della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena. In quell’esemplare, di perfetta conservazione, si vede che le [p. 202 modifica]sei palle Medicee sono state incuse nel rovescio posteriormente alla battitura. Con questo mezzo quell’astuto e poco onesto Principe poteva discolpare la sua persona dalla taccia di volgare falsificatore, e far cadere l’accusa di tale inganno su i bancherotti e gli speculatori che venivan per la Toscana a spacciare questa cattiva moneta. Ecco intanto il documento qui sopra citato:

«A di 9 di Giugno 1586.

«Per informatione dell’inclusa supplica si dice a V. S. Ill.ma et Ecc.ma come Ser Mario Lolli Bargello dell’estrazione3, del mese d’Aprile prossimo passato fece cattura in Grosseto di Francesco supplicante per informatione havuta che havessi fatto e battuto buon numero di quattrini falsi et havergli trovati a dosso dentro a uno zaino libre quindici e mezzo di quei quattrini falsi, e nella borsa circa due testoni di simili quattrinacci, et sendo detto supplicante esaminato sopra questi quattrini, allega esser bigattini che ne vanno tre al quattrino et li medesimi havere havuti dalla zecca del Sig. Ferdinando Gonzaga in Streveri fin di giugno dell’anno passato et avergli compri con animo d’andare a portagli a Lucca, dove sendo stato prima haveva visto spenderceli per un quattrino l’uno, e perciò n’haveva parlato con un bancherotto qual gl’haveva detto che glien’harebbe cambiati 25 o 30 scudi si glieli havesse portati; et sendo andato verso Lucca per portarvi questi quattrini quando fu a Pontremoli intese questi quattrinacci essere banditi a Lucca, et sendo andato a Roma gli sotterrò in una vigna fuor di Roma, e questa quaresima passata sendo tornato a Roma, prese detti quattrini et se ne venne a Orbatello con animo d’imbarcare et andare a Genova e per essere il mare grosso non imbarcò altrimenti, ma se ne venne a Grosseto dove fu preso come sopra. Le quali cose se ben le allega non le giustifica e perciò da me sotto il 30 di maggio prossimo passato fu multato di fatto e condannato detto supplicante in scudi dieci d’oro e nella perdita di [p. 203 modifica]quattrini o bigattini in virtù del bando pubblicato in questa Città li di 2 di Giugno 1584. Ora supplicando S. A. S. domanda dono e gratia di detta Condannatione e che commetta che li siano restituiti detti bigattini et anco li altri denari spendibili toltili, per potere soccorrere alla sua povertà et alla fameglia di quattro figli che dice trovarsi senza sustantie, o vere di commettare la revisione di questa causa o delegarla ne Sig.ri Giudici di Ruota di questa Città o in chi più le piace con autorità di cognoscere e terminare questa causa per giustitia che è quanto m’occorre dirle ])er informatione e con questo fine. Basciandoli le mani le prego da N. S. Idio ogni contento.

" Di Palazzo ".

(R. Archivio di Stato in Siena. — Carte del Capitano di Giustizia. Informazioni filza iv, dal 1578 al 1598 e 85).

A. Lisini.                    


Note

  1. Periodico di numismatica e sfragistica, Firenze, Ricci 1868, Vol. 1, pag. 257.
  2. Ciò proverebbe che il principe Ferdinando I Gonzaga fino dal 1585 batteva moneta in Castiglione delle Stiviere. Forse a lui solo si debbon tutte e contrattazioni di cui sono accusati lo zio le Francesco suo padre.
  3. Bargello dell’estrazione era così chiamato quell’ufficiale che sorvegliava il commercio dei grani della Maremma con l’estero.