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200 | a. lisini |
"quale fatto irrefragabile quella opinione, e tanto bastò perche dai più fosse poi ammessa senz’altra discussione; ond’è che in nuovissime pubblicazioni nummografiche italiane trovasi ripetuta l’affermazione di quella pretesa zecca, contro la quale il mio istinto si è sempre ribellato e ne dirò il perchè, non senza invocare perdono da tutti quelli che opinano in altro modo. „ Le ragioni che egli adduce, in succinto sono queste. Che Ferdinando non avrebbe omesso in quelle monete il suo titolo principale di Granduca, o almeno vi avrebbe fatto imprimere il titolo che gli veniva conferito col feudo, cioè di marchese o di duca. Che i quattrini fatti battere da Ferdinando eran tutti con lega d’argento, mentre questi non sono che di puro rame, che la corona che sovrasta lo stemma non è quella Granducale, ma bensì una corona di principe qualunque.
Per chi bene vi rifletta, queste ragioni sono sì valide di per sé, che bastano per poter condannare all’ostracismo, come egli dice, questa ipotetica zecca. Ma se tuttora vi fossero degli ostinati che non andassero persuasi alle ragioni da lui addotte, il documento che qui sotto pubblico viene a rincalzare l’opinione di quell’accorto Numismatico.
Il documento è una informazione che fa il Capitano di Giustizia al Governatore di Siena sopra una supplica presentata da un cotal Francesco, a cui era stata trovata addosso una quantità di questi quattrinelli. Manca nell’Archivio senese l’istanza del medesimo Francesco, perciò non posso pubblicare che la sola informazione. Nonostante da questa si può arguire con bastante certezza che quelle monetucce di puro rame, per la somiglianza con i quattrini del Granducato, coniati con lega d’argento, dal Bargello di Dogana erano state sequestrate come monete false. Ma il supplicante asseriva che non potevano essere