Numi d'abisso, numi
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XIII
Pianto di Orfeo.
Numi d’abisso, numi
Dell’infernal soggiorno,
Ecco che a voi ritorno
Con lagrimosi fiumi.
5È ver, che a vostra legge
Io poco intento attesi,
E follemente errai,
Ma non vi vilipesi,
Fu sol che troppo amai:
10Scusar suolsi l’errore,
E non sopporsi a pena,
Quando ad errar ci mena
Grand’impeto d’amore.
E questo arcier supremo
15È tra’ mortali in terra,
Son noti i dardi suoi,
E costaggiù sotterra
Son noti anco fra voi.
E se fur miei lamenti
20Da voi pur dianzi uditi,
Oggi non sian scherniti,
Che gli fo più dolenti
Sul tenor tanto acerbo
Di mia cruda ventura.
25Numi, deh il ripensate,
E di mia vita oscura
Costringavi pietate!
In van per me s’attende
Giorno di duol men forte,
30Se l’amata Consorte
Per voi non mi si rende.
Giammai tra’ lunghi affanni
Il lagrimar non resta,
Onde le guance inondo,
35Ed ogni cosa è mesta
Pur per quest’occhi al mondo.
Non ha seco sereno
Febo s’esce dal mare,
E se la notte appare
40Non ha stellato il seno:
In sul più vago Aprile
Nembo di pioggia, o vento
Fammi terribil verno:
Pietà del mio tormento,
45Pietà, numi d’Inferno.
Rive ombrose e selvagge,
Deserte orride piagge,
Solinghi alpestri monti,
E voi torbidi fonti,
50Rupi non giammai liete,
Or per sempre accogliete
Nel caso infausto e reo
Il sì dolente Orfeo.
Sentite, omai sentite
55Mie miserie infinite,
E quel che attrista il core
Infinito dolore:
Udite i miei lamenti
Sì forti e sì possenti,
60Che non gli prese a scherno
Il tenebroso Inferno.
Lasso! già volsi il piede
Vêr la Tartarea sede,
E piangendo impetrai
65Lo scampo de’ miei guai;
Ma mentre che io il rimiro
Vinto dal gran desiro,
O miseri occhi miei,
Io per sempre il perdei.
70Bella, per cui felice
Visse un tempo, Euridice,
Benché mesta dimori
Giù ne’ profondi orrori;
Non per tanto è men dura
75Di me la tua ventura,
Se qual fui di te privo,
Miseramente io vivo.
Pure ciglia serene,
Onde lacci e catene
80Fecer mia libertate
Serva d’alta beltate,
Io ben chiamo e richiamo
Vostri rai, che tant’amo,
Ma pur sempre lontano
85Chiamo e richiamo invano.
Cinta il crin d’oscure bende
Notte ascende
Per lo ciel su tacit’ali,
E con aer tencbroso
90Dà riposo
Alle ciglia de’ mortali.
Non è riva erma selvaggia,
Non è piaggia
Di bei fior vaga e dipinta,
95Nel cui seno alberghi fera
Così fiera,
Che dal sonno non sia vinta.
Io soletto al duol, che spargo,
Gli occhi allargo,
100Perchè forse indi trabocchi,
E pasciuto di veneno
Più nel seno
Rio dolore,
Che appo me non sia felice:
105Ah che in terra il mio conforto
Teco è morto,
Veggia il cor non men che gli occhi.
Per tal via non soffre un core
Amatissima Euridice!
110Lasso me! che far degg’io?
Dive, addio,
Troppo liete a’ dolor miei:
Vegno a voi, monti silvestri,
Fiumi alpestri,
115Vegno a voi, ghiacci Rifei.