Novellette e racconti/LXXII. Il coraggio a proposito può avvilire i millantatori

LXXII. Il coraggio a proposito può avvilire i millantatori

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LXXII. Il coraggio a proposito può avvilire i millantatori
LXXI. Curiosi effetti che possono nascere dalla paura LXXIII. Si narra come una Giovane si vendicò di un Avvocato linguacciuto che si era fatto beffe del fratello di lei

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LXXII.


Il coraggio a proposito può avvilire

i millantatori.


Ci sono alle volte alcuni, i quali postisi con arme in certi cantoni della città la notte, s’avvisano, forse pel soverchio vino che hanno bevuto o per altre cagioni peggiori, di far braverie e di spaurire le genti che passano; e talora giungono a tanto, che, come se avessero a guardare una fortezza, non vogliono che passi di là persona, ma con le bestemmie e col frugare coltella e spade nelle muraglie fanno tornare indietro chi passa. Due così fatti uomini si ritrovarono poche sere fa verso il ponte a San Felice, che mettendo a romore il vicinato, spaventarono più persone; le quali se vollero andare a casa, convenne che vi andassero per altra via. Andavano verso a quel luogo due maschere, e si abbatterono per sorte ad un uomo che, tutto atterrito, era stato scacciato dal suo diritto cammino. Questi vedendo le due maschere, le fece avvertite di quanto era; ma esse, alle quali venne speranza che i due bravi potessero essere quindi partiti, andarono oltre. Non sì tosto si udì lo scalpitare loro nella strada iu cui erano gli armati, che quelli dal fondo incominciarono a menar vampo e furore, e faceano tanto fracasso con le arme per le muraglie, che parea l’abisso. Le maschere, udite le voci e lo strepito che a loro si avvicinava, per non dare in qualche scoglio, invocarono la gagliardia delle ginocchia, e posero le punte de’ piedi dove poco prima aveano poste le calcagna, con un’agilità, che pareano daini; nè si fermarono se non furono buona pezza di là lontano. Stavansi fra la paura e il ridere insieme del loro trotto; quando eccoti venire da un lato un vecchiotto che al lume di una lanterna parve loro di settant’anni, di mezzana statura, con una vestetta assettata al corpo e corta indosso, un berrettino nero in capo, calze [p. 129 modifica]bianche e una spadetta corta sotto il braccio, il quale ne andava a quella volta dond’erano essi poco prima fuggiti. Costui dà in male branche, dissero le maschere tra loro, e l’avvisano di quello ch’era. Amici, rispose il vecchiotto, io vi ringrazio di cuore; ma egli è appunto la voglia ch’io ho di essere colà, quello che mi guida; e segue il suo cammino. Noi vedremo pure questo fatto, dicono fra loro le maschere: che ci può accadere? noi gli sarem dietro, e ad ogni caso saremo i primi a menar le gambe. Così fanno. Il vecchiotto va oltre con sicuro passo; i due bravi odono il calpestio. Alto, ferma, saldi: egli zitto, e avanti. Bestemmiano; ed egli tace e va. Fanno un romore con le arme, che parea rovinasse il mondo; ed egli, giunto ad un certo passo, grida: Ah cani! voi siete morti: sguaina, balza come un cavriuolo, gl’incalza risoluto; essi fuggono e trovansi impaceiati in una via che non avea uscita e il canale da un lato. Domandano la vita: il gagliardo vecchio colla punta loro in sulla gola, facendola giuocare come una lingua di serpente, vuole che balzino in acqua, e a questi patti gli lascia andare. Che potea farsi? i due sgherri si lanciarono dalla riva e si diedero a fuggire a nuoto dalla furia del vecchio, il quale ringuainò, e, come se nulla fatto avesse, se n’andò a’ fatti suoi.